Pubblicato da Andrea Marzella
Cari lettori,
a volte non siete stufi marci di come le donne vengono rappresentate dall’industria culturale? Parliamoci chiaro: dopo Sex and the city, troppi film, troppi telefilm e, molto spesso, anche troppi romanzi sono zeppi di personaggi femminili leziosi e irritanti. Vi ricordate il film La moglie perfetta? Le donne venivano riprogrammate in serie per essere delle perfette mogli anni ’50: ecco, nei media sembra che il prototipo di ogni personaggio di finzione sia Carrie Bradshaw. Ah, Carrie Bradshaw! Adorabilmente nevrotica, disinibita sessualmente ma non troppo, modaiola ma con quel tocco di stile personale: impossibile non amarla. Però, proprio come il classico esperimento da scienziato pazzo, qualcosa è andato storto nelle varie clonazioni: da nevrotica è diventata smorfiosa, al posto del sesso fa ginnastica, più che modaiola è un manichino del product placement; insomma, quello che troppi scrittori hanno perso di vista nel cercare di ricreare un personaggio vincente come Carrie Bradshaw è che la nostra Carrie aveva un’anima e noi l’amavamo proprio per questo. Per fortuna HBO — lo stesso canale che aveva creato Sex and the city — ha avuto il coraggio di toglierci da questa impasse, producendo Girls, una serie che si allontana da Sex and the city riproponendo gli stessi ingredienti ma con la consapevolezza che certi fenomeni non possono essere imitati, ma solo omaggiati
La serie ha molti pregi, a cominciare da una brutale freschezza nel rappresentare senza tanti fronzoli una generazione incapace di ritagliarsi il proprio spazio nel mondo. Pur con tutti gli strumenti utili — una buona educazione, una famiglia facoltosa alle spalle, una città colma di opportunità — Hannah non solo non riesce a concretizzare le sue aspirazioni di scrittrice, ma è talmente avviluppata in questa immagine artistica di se stessa da non riuscire a stare coi piedi per terra, in una combinazione fatale di bassa autostima ed ego smisurato. Allo stesso modo, anche le amiche di Hannah affrontano la vita adulta per prove e tentativi, in un’altalena di facili entusiasmi ed errori madornali. Questa regola si applica anche alle loro relazioni, descritte in maniera cruda e graffiante, con un realismo che a volte sfiora lo squallore, cosa che raramente si vede nelle serie televisive.
La bravura di chi ha scritto questa serie sta nel presentare tutto questo realismo con un’ironia nuova che suscita una risata del tutto diversa da quella autoindulgente scatenata dalla goffaggine slapstick di una Bridget Jones, archetipo femminile dell’inadeguatezza. Le ragazze di Girls, narcisiste e immature, splendide e sognatrici, sono umane e, per questo, sono personaggi magnifici. Ciliegina sulla torta, la serie è ideata, scritta e diretta da Lena Dunham, l’attrice che interpreta Hannah: una conferma di quanto la serie abbia solide basi autobiografiche e che ci rassicura sul fatto che esistono realtà come la HBO, in grado di investire in una ragazza di ventisei anni e nelle sue capacità creative.