Oggi voglio parlarvi di un altro famoso scrittore di fiabe, stavolta francese: Jean de La Fontaine (Château-Thierry, 8 luglio 1621 – Parigi, 13 aprile 1695), passato alla storia peri suoi racconti brevi ma incisivi e che puntualmente si concludo con la classica "morale della favola". Si tratta per lo più di storie che hanno come protagonisti animali parlanti - l'autore spazia tra gli animali più comuni quali voltpi, asini, cavalli, corvi e galline, lupi, rane, aquile, insetti, etc. - e che sono tratteggiate con una nemmeno poi tanto velata ironia.
Biografia:Jean de La Fontaine nasce a Château-Thierry nel 1621, da una famiglia di origini borghesi. Studiò senza entusiasmo prima teologia e poi diritto.
Assunse la carica paterna di ispettore delle acque e delle foreste. Nel 1647 sposò la quattordicenne Marie Héricart. Nel 1658 si trasferì a Parigi, separandosi di fatto dalla moglie. Presentato al ministro delle finanze Fouquet, ne ottenne una pensione. Fu tra i frequentatori abituali del castello di Vaux. Quando il suo protettore cadde in disgrazia, fece appello alla generosità di Luigi XIV, ma invano. Uscì dal disastro economico grazie alla protezione di alcuni importanti amici e soprattutto amiche: la duchessa di Orléans, la duchessa di Bouillon, madame de la Sablière. Frequentò poeti e letterati: tra essi Racine, Molière, Boileau, madame de La Fayette. Ma frequentò anche ambienti 'irregolari' come la Société du Temple. Fu eletto all'Académie Française nel 1683. Morì a Parigi nel 1695.(fonte)
Le Favole:La Fontaine è celebre oggi soprattutto per le sue "Fables". Esse contano in totale ben 12 libri e furono pubblicate a Parigi nel 1668 (libri 1-6), nel 1679 (libri 7-11) e nel 1694 (libro 12). L'autore si ispira soprattutto a Esopo e Fedro, ma anche al "Romulus" e alle raccolte di exempla medievali, ai favolisti del XV-XVI secolo, al "Libro dei lumi" attribuito all'indiano Bidpai. Il suo linguaggio non esclude arcaismi, termini tecnici delle arti, dei mestieri, dell'agricoltura, della caccia, ma anche espressioni della convenzione preziosista e cortigiana. La scelta della favola di animali mostra il suo scarto rispetto alla cultura dominante. Protagonisti della sua commedia umana animalizzata non sono le leggi né la virtù , ma il capriccio, l'astuzia, la forza. Nella favola di animali si ha un rovesciamento di prospettiva, un'idealizzazione negativa.
La mia conoscenza di La Fontaine si riduce (si fa per dire) a un bel libro regalatomi quando ero bambina...credo attorno ai cinque o sei anni, quindi direi un bel po' di tempo fa. Sulla scia di questo speciale, che sta lentamente facendo riemergere la bambina che è in me, oggi sono pure finita in soffita - che nel mio caso è un vastissimo piano a metà tra una selva oscura e un condensamento di oggetti vari, per lo più inutili e ricoperti da polvere e ragnatele - alla ricerca del libro in questione. Ho trovato praticamente tutti quelli che ricordavo di avere, tranne quello. So per certo di averlo visto non molto tempo fa, quindi si tratta solo di portare pazienza e uno di questi giorni tornerà probabilmente a vedere la luce.
Ricordo bene il titolo "Le più belle favole di La Fontaine", e nonostante ci siano molti libri con questo nome, la copertina del mio non sono riuscita a trovarla da nessuna parte in internet. Le immagini un poco sbiadite della mia infanzia mi rimandano una copertina giallino chiaro, con diversi animali raggruppati davanti a un leone che si atteggiava palesemente in una posa da "re".
Tante erano le favole di quel libro che mi piacevano, quella che vi riporto qui di seguito era in assoluto la mia preferita, un racconto della serie "Chi la fa, l'aspetti". Vi segnalo poi un sito che raccoglie oltre 230 fiabe dell'autore, nel caso abbiate voglia di curiosare e magari anche rispolverare e condividere con noi qualcuna di queste vecchie - ma tanto care - storie.
La volpe e la cicogna
Monna Volpe un bel dì fece lo spiccoe invitò la Cicogna a desinare.Il pranzo fu modesto e poco ricco,anzi quasi non c'era da mangiare.Tutto il servizio in ultimo costruttosi ridusse a una broda trasparenteservita in un piattello. Or capiretese, in grazia di quel becco che sapete,la Cicogna poté mangiar niente.Ma la Volpe in un amen spazzò tutto.Per trar vendetta dell'inganno, anch'essala Cicogna invitò la furba amica,che non stette con lei sui complimenti.La Volpe, a cui non manca l'appetito,andò pronta all'invito.Vide e lodò il pranzetto preparato,tagliato a pezzi in una salsa spessa,che mandava un odore delicato.Ma il pranzo fu servito per dispettoin fondo a un vaso a collo lungo e stretto.Ben vi attingea col becco la Cicognaper entro la fessura,ma non così Madonna Gabbamondo,per via del muso tondo e non ridottodell'anfora alla piccola misura.A pancia vuota e piena di vergogna,se ne partì quell'animale ghiottomogio mogio, la coda fra le gambe,come una vecchia volpe malandrinache si senta rapir da una gallina.Vuol dimostrare questa favolettache chi la fa l'aspetta.