Cari amici...
Ieri notte ho rispolverato una pietra miliare del cinema western. Sto parlando di "C'era una volta il West" di Sergio Leone, datato 1968. In quasi tre ore di filmone si celebra la fine di un'epoca (e, in definitiva, di un certo filone cinematografico). A parte una splendida Claudia Cardinale nel ruolo di Jill, ex prostituta alla ricerca di una vita migliore, e un Jason Robards nella vera perla del film (il personaggio di Cheyenne, il fuorilegge dal cuore d'oro) le interpretazioni non sono di rilievo. Ma l'espressività degli sguardi di tutti basta e avanza ad esprimere situazioni psicologiche e drammatiche notevoli.
In una terra di nessuno in cui la vita ha un valore davvero irrisorio e in cui sopravvivere diventa l'arte di saper sparare, il vendicatore Charles Bronson, il cattivissimo Henry Fonda e il fuorilegge Cheyenne sembrano gli ultimi esponenti di una filosofia di cappa e spada che l'arrivo della modernità incarnata nella ferrovia spazzerà via di lì a breve. Il personaggio che rappresenta questa caduta di valori non è tanto lo spietato Frank di Henry Fonda, quanto l'egoista Morton, l'uomo d'affari paralitico che vagheggia il sogno di raggiungere il Pacifico in ferrovia.
La trama è semplice, la regia di Leone dilata i tempi, dando molto peso alla musica e al silenzio. Jill è la nuova sposa di un modesto proprietario di un terreno nel West che le promette un futuro di ricchezza. Quando lo raggiunge da New Orleans dove faceva la prostituta trova lui e i suoi tre figli uccisi. Lei è allora l'unica proprietaria ignota da tutti di quel terreno apparentemente senza valore. Il colpevole è Frank, un mercenario arrivista al soldo di Morton, l'uomo della ferrovia, che vuole mettere mano su quel terreno per costruirvi i binari: sotto quel terreno infatti, sorprendentemente, c'è acqua, indispensabile per il passaggio del treno e totalmente assente per le miglia circostanti. Frank fa ricadere la colpa sul fuorilegge Cheyenne, che si prende a cuore la sorte di Jill. In tutto questo arriva anche il misterioso Armonica, cowboy che sembra avere un conto in sospeso con Frank...
Davvero indimenticabile la colonna sonora di Ennio Morricone, tesa ad esprimere questi spazi immensi, questa natura brulla e inospitale, questo mondo per cui si tende a provare una non meglio spiegata nostalgia; nostalgia, forse, di quando le cose erano ancora da conquistare, di quando non tutto era noto, di quando, in definitiva, l'uomo aveva il modo di esprimere al meglio la propria capacità di adattamento e la propria tensione verso qualcosa al di là delle sue possibilità. Il West diventa allora una dimensione interiore, la ricerca di una vita migliore, come per Jill, del potere e del denaro, per Frank e Morton, della vendetta, per Armonica, del riscatto, per Cheyenne. L'uso della musica, come dicevo, diventa predominante. I tempi dell'azione sono spesso dilatatissimi, quasi operistici.
Da ricordare l'epico scontro finale tra Armonica e Frank, una delle sequenze più emozionanti del film. Appena avete tempo se non avete ancora visto questo film guardatelo.
Il vostro corrispondente dall'Emilia
Magazine Cinema
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