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C’era una volta l’Unione sovietica

Creato il 10 gennaio 2013 da Ilsegnocheresta By Loretta Dalola

le storie diario tialianoUn viaggio insolito quello proposto da Corrado Augias nel suo appuntamento quotidiano “Le storie – diario italiano” in onda su Rai3, ovvero quello di un tuffo nel passato della Grande madre russa attraverso la storia di 25 oggetti simbolo del  mondo sovietico, ma un po’ anche il nostro passato recente raccontati nel libro “ La vita privata degli oggetti sovietici”, autore e ospite in studio Giampiero Piretto, docente di cultura russa  all’ Università degli Studi di Milano.  Entriamo nel magico mondo della semiotica ovvero la scienza  dei sistemi di segni, che ha il compito di studiare le leggi della relazione e della trasformazione dei segni e del loro senso. Si parla di Unione sovietica che sotto il regime di una ideologia o sotto la tirannia di un controllo ( elemento determinante, sia esso pubblico, privato, del lavoro, del tempo libero e/o dei corpi) viveva una quotidianità difficile e sottomessa. “Gli oggetti non sono semplicemente delle cose insignificanti –   ci spiega il il filosofo delle scienze, Stefano Moriggi – sono dei segni che costruiscono relazioni, abitudini, modi di vivere e pensare. La cavalcata che Piretto fa nel suo libro atraverso il significato di alcuni oggetti è un modo privilegiato per entrare nell’Unione soviatica da quella porta di servizio che fa capire cosa succede davvero”.

Oggetti, come un samovar elettrico che denuncia la sua appartenenza all’epoca sovietica, costruito in latta dura, non come quella delle posate riservate alle mense p

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roletarie, talmente morbida e leggera da piegarsi al suo uso, rendendole inutilizzabili. Un colbacco, indispensabile per gli inverni russi, costellato di distintivi che simboleggiano e percorrono tutte le tappe dela vita sociale e culturale del paese, tanto ambiti ed esibiti dal proletariato che non si poteva permettere altre distinzioni più lussuose. Sigarette, anzi, il parente povero della sigaretta, in realtà un piccolo tubo di carta leggerissima e trasparente riempito di tabacco trinciato, di scarsissima qualità, circa tre centimetri fumabili a cui era collegato un altro piccolo tubo di carta più resistente di circa quattro centimetri, vuoto, che fungeva da bocchino e che schiacciato permetteva di proteggere le dita, dal rischio di combustione.

Oggetti che ci parlano dei cosidetti cantieri socialisti dell’epoca staliniana. Testimoni sopravvissuti all’impero russo-sovietico. Non si tratta dei gloriosi cimeli dell’ epoca comunista, quelli di cui ancora è possibile trovare traccia in molti nei nostri mercatini o nei negozi di souvenir. Sono invece semplici oggetti di uso quotidiano.  Cose sulle quali per decenni si è incardinata la vita materiale dei cittadini russi, condizionandone le proprie abitudini quotidiane o supplendo a necessità imposte da quello che doveva essere il grande laboratorio di socialismo reale.

Oggetti di uso comune, piccole reliquie profane, ma santificate dall’uso collettivo. Lontani, molto lontani da un altro grande, imponente, oggetto di culto della societò sovietica: il mausoleo di Lenin con il suo corpo mummificato. Fortemente coluto da Stalin.  Al centro di un vero e proprio  culto religioso, per il quale la Piazza Rossa  di Mosca è stata trasformata in un’immensa cattedrale all’aperto. ” Nella mummia di Lenin – Moriggi – si è incarnata l’dea di immortalità che era la declinazione di quel radioso avvenire che tutti sognavano e che veniva fatto sognare. Perfino gli scienziati coltivavano e diffondevano l’idea che fosse possibile vincere la morte”. La mummia era lì, senza viscere e senza cervello ma, uguale a se stessa, non corrosa dal tempo.  In attesa che gli scienziati fossero in grado di riportarla alla vita, per vivere nuovamente, con lui, la rivoluzione realizzata. La rivoluzione contro le ingiustizie sociali, che è nel cuore di tutti gli uomini semplici, la causa del progresso sociale, del socialismo, della fraternità fra tutte le nazioni. Questo da l’idea di come un’ideolgia sia in grado di piegare le menti e la conoscenza scientifica. L’unione sovietica ha  mistificato questo principio, adattandolo al valore propagandistico. Altro esempio di oggetto, utilizzato come propaganda fu lo Sputnik.  Nel 1957, una sfera di 56 cm, con un peso di 66kg e con dei semplici rivelatori fu inviata nello spazio con grande sorpresa degli antagonisti americani. Un oggetto, praticamente vuoto, che ha sfidato le leggi della gravità, riuscendo a prendere distanza dalla terra. Una sfida alla verticalità, vinta dai russi. Primo satellite artificiale lanciato dal pianeta. In un’epoca di guerra fredda essere i primi a conquistare lo spazio, aveva un valore simbolico elevato. Poi, si sa, gli americani, si sono rifatti!

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E la Russia di oggi? Nessuno può seriamente dubitare delll’importanza della Russia, con la sua estensione, con il suo grande capitale umano, con l’enorme quantità di materie prime e energetiche di cui dispone e le molte  scuole di eccellenza che vi hanno sede. Ma è ancora una terra in cui per legge i telegiornali non possono diffondere più del 30% di notizie negative. Lo scopo? Quello di proteggere la psiche dei russi. Un po’ come le sigarette, con poco tabacco, per far passare un’ideologia ci vuole un poco di realtà che giustifica poi tutto quello che si dice, anche il falso.  È una strategia adottata anche nel nostro recente ventennio, far credere che il paese fosse tutto divertimento, tette e positivismo assoluto…

In conclusione, un libro con 25 storie di vita privata, 25 oggetti per raccontare il mondo sovietico, 25 storie in parole e immagini che ci portano in un quotidiano sconosciuto. Una riflessione sullo stretto rapporto tra le cose e la vita, capace di farci considerare su una realtà che abbiamo relegato nel passato, con qualche note di demerito. Tuttavia, paradossalmente aveva cercato, crudelmente e imposistivamente di costruire un nuovo mondo.


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