Per molto tempo si è rinfacciato a Rimini il fatto di non celebrare come meritava il suo cittadino più famoso, Federico Fellini. Poi c’è stato un sussulto d’orgoglio: l’omonima fondazione nata su iniziativa della sorella, diverse viuzze del lungomare rinominate con i titoli dei film, lo stabile del cinema Fulgor in via di ristrutturazione e l’aeroporto intitolato al regista che ha vinto per 4 volte l’Oscar (più un quinto premio alla carriera).
Ora, la fondazione è in via di liquidazione dopo che l’ultima eminenza riminese (Pier Luigi Celli) ha declinato l’invito a presiederla; il nuovo Fulgor, che avrebbe anche dovuto ospitarne la sede e un museo, non vede ancora la fine dei lavori; è notizia di questi giorni che anche l’aeroporto, dopo un’estate di angosciosa incertezza, chiuderà i battenti in attesa del subentro della nuova società di gestione. Restano le viuzze sul lungomare con le targhe dei film del maestro che la maggior parte dei passanti neppure nota perché sono stradine pedonali che non ospitano nessun indirizzo.
Lo smacco alla memoria di uno dei più grandi cineasti del mondo è il risvolto meno doloroso di questa vicenda vergognosa che, in tempi già grami, sferra il colpo di grazia all’economia del territorio e alle opache prospettive di ripresa in ambito turistico. Se c’è un aeroporto, per quanto piccolo, che da Venezia a Bari avrebbe un senso e una funzione, è proprio quello di Rimini. Una zona che è un punto di riferimento del turismo europeo, che confina con uno stato estero privo di un suo aeroporto (San Marino), che ospita eventi anche di livello mondiale (i campionati di motociclismo: Superbike e Motomondiale) e che ha da decenni un fiorente scambio commerciale con l’est Europa, è stato mandato in malora da una gestione incapace e da istituzioni distratte se non anche corresponsabili.
Se importanti società e aziende che operano direttamente nel tessuto economico e sociale, continuano ad essere considerate come il buon ritiro di ex amministratori (sindaci, presidenti di provincia e di regione, ecc.) senza competenze specifiche e in qualche caso senza competenze tout court, soltanto a titolo di ringraziamento da parte del partito a cui appartengono per l’opera prestata e la fedeltà dimostrata, allora significa che qualcuno si ostina a vivere fuori della realtà. Forse c’è stato un tempo in cui ci si poteva permettere tutto questo: i turisti venivano tutti qui e non ci si doveva scervellare più di tanto per accoglierli. Oggi però è tutto cambiato: bisogna andarli a cercare e convincerli a venire in riviera e per far questo ci vogliono persone competenti che pensano all’interesse generale e che si danno da fare. Senza limitarsi a riscaldare una poltrona e a far contenti gli amici e gli amici degli amici.
L’altra sera, nel corso di una drammatica riunione della mia associazione, il presidente ha chiesto aiuto agli associati per far fronte ad una probabile transazione con il curatore fallimentare dell’aeroporto. Come gli altri presidenti delle associazioni degli albergatori della provincia, era coinvolto nella gestione dei voli che portavano i turisti in riviera sotto il patrocinio di Aeradria. Si ritrova con casa e albergo pignorati e con i conti bancari chiusi. Pensava di fare l’interesse dei suoi associati e si è fidato troppo di chi stava ai piani superiori. Dopo il giudizio per il fallimento dovrà affrontare anche il processo penale. Tutti noi rischiamo di restare senza voli (le compagnie si stanno già muovendo verso altri scali) e ci chiedono pure di pagare il conto. Come si suol dire: oltre al danno, pure la beffa.
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