Molti conosceranno il caso delle 239 lavoratrici della Omsa, ditta che produce calze, licenziate in massa per una delocalizzazione in Serbia*. E’ partita un’iniziativa su facebook (e basta con questo facebook!) per boicottare le calze Omsa, ma io leggo idee migliori (o qui, ma mi riferisco ai commenti): perché le lavoratrici non fondano una coperativa e vendono personalmente le calze? Non si può dipendere dalla volontà di un uomo solo che fa i suoi interessi, è ingiusto, rischioso e in un certo senso deresponsabilizzante. Chiaro, non tutti vogliono fare gli imprenditori… ma allora il rischio è questo. La soluzione contro la delocalizzazione per me resta la tassazione del carburante aereo e il livellamento delle diseguaglianze globali, ma intanto anch’io cerco di non comprare prodotti fatti in paesi dove la manodopera è sottopagata, anche se significa pagare di più. In realtà, secondo me, almeno a quanto ho potuto constatare con i miei occhi, gli stessi lavoratori che protestano contro la delocalizzazione poi comprano nei centri commerciali e da grandi catene, merce di bassa qualità prodotta in Cina o in altri paesi verso cui questa stessa delocalizzazione avviene. D’accordo, è perché gli operai guadagnano poco e sono stati vittime dello stesso lavaggio del cervello consumistico senza cui, però, molti di loro quel lavoro non l’avrebbero mai avuto. E allora? Sobrietà e redistribuzione, sempre queste due.
(Motivo per cui, caro Rutelli, non devi minacciare di denuncia chi racconta ai cittadini come tu spendi i loro soldi in un momento di crisi nera, e soprattutto, cara Santanchè e altra gente che non voglio nemmeno nominare che si indigna per i controlli fiscali a Cortina: sì, la ricchezza è IL problema, in un mondo di diseguaglianze estreme, e soprattutto la ricchezza su cui nemmeno si pagano le tasse, e soprattutto la ricchezza spesa in lusso anziché per migliorare il vivere di tutti. Vergogna!)
* Dove la manodopera costa meno ma non dimentichiamo che la gente aspetta con speranza che qualcuno porti lavoro, guardate questo bel documentario, il mondo è ingiusto e organizzato male.



