Messi, Tevez, Ibra, Rooney, Ribery. Sarebbe bello vederli giocare contro con regolarità, da settembre a maggio con cadenza settimanale, magari di domenica. Solo un sogno? Giocano tutti in campionati differenti, la sola speranza di vederli in campo insieme oggi è l’incrocio in Champions League. Se invece giocassero nello stesso campionato? Facile a dirsi quasi impossibile a farsi, a meno che non giocassero davvero nello stesso campionato, un campionato europeo, l’NBA del calcio.
Il divario tra le prime due o tre società di ognuna delle nazioni calcisticamente più importanti e tutte le altre è diventato negli anni enorme , l’ingresso di investitori stranieri e soprattutto multimiliardari ha provocato uno sbilanciamento esponenziale tra club ricchissimi e gli altri. La competizione per i titoli a livello nazionale è, molto più che venti o trent’anni fa, appannaggio delle sole società più ricche. Spagna, Francia, Inghilterra ne sono un fulgido esempio, il Fair Play finanziario perseguito dal presidente Uefa Platini non sembra, per ora, garantire risultati differenti.
Perché allora non lasciare i propri campionati nazionali da parte delle più ricche e importanti squadre europee e creare un vero torneo unico, al più diviso in due conference, con gironi all’italiana e play-off a fine anno?
Al termine la squadra vincitrice si potrebbe davvero fregiare del titolo di Campione d’Europa.
Una rivoluzione? No, solo un’evoluzione naturale dell’attuale stato dell’arte del calcio continentale.