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Campobello di Mazara: terra bruciata attorno a Matteo Messina Denaro. Tra gli 11 arrestati anche il sindaco
Creato il 16 dicembre 2011 da Nottecriminale9 @NotteCriminaleQuesta mattina, infatti, gli agenti hanno portato a termine un’operazione decapitando la famiglia mafiosa di Campobello di Mazara (Trapani), ritenuta una delle ultime roccaforti del ricercato numero uno. L'inchiesta, coordinata dal Procuratore Aggiunto della Dda Maria Teresa Principato e dai Sostituti Procuratori Marzia Sabella e Pierangelo Padova, si è concentrata oltre che sull'attività di importanti uomini d'onore anche su alcuni «insospettabili» accusati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa ed intestazione fittizia di beni.
Le indagini dei carabinieri hanno permesso di far luce sugli assetti e le dinamiche criminali della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, storicamente una delle più attive del mandamento di Castelvetrano retto da Matteo Messina Denaro. In particolare è stata accertata la rivalità tra due opposti schieramenti riconducibili rispettivamente all'anziano boss Leonardo Bonafede e a Francesco Luppino, arrestato di recente nell'ambito dell'operazione «Golem», ritenuto uno dei fiancheggiatori del latitante trapanese. In manette 11 persone, tra cui lo stesso sindaco di Campobello Ciro Caravà, indagato per associazione di tipo mafioso.
Il primo cittadino di Campobello di Mazara, in carica dal giugno del 2006 e rieletto nelle ultime amministrative nel maggio 2011, era considerato «l'espressione politica della locale consorteria mafiosa». Per non destare sospetti aveva deciso di fare costituire il Comune parte civile nei processi a carico del boss Matteo Messina Denaro, ma secondo gli investigatori Ciro Caravà sarebbe stato vicino al latitante e alla famiglia mafiosa della zona. Lui, infatti, amministratore di lungo corso, è sempre stato in prima fila nelle iniziative antimafia come l'inaugurazione di un centro dell'Avis, avvenuta un anno fa su un fondo confiscato al boss locale Nunzio Spezia, morto nel 2009.
Alla guida di una giunta di centrosinistra, vicino al Pd, Caravà, 52 anni, ragioniere, è stato consigliere comunale dal 2001 al 2006, anno in cui fu eletto sindaco in quota Democrazia europea, la formazione politica promossa dall'ex leader della Cisl Sergio D'Antoni. Al ballottaggio si impose sul sindaco uscente Daniele Mangiaracina, candidato del centrodestra.
Una sfida che si è riproposta anche alle ultime amministrative del giugno scorso, quando bissò il successo con 3.817 voti, il 54,56%. A sostenerlo un cartello formato da Pd, Mpa e Democrazia e libertà, con l'appoggio esterno di Api e la lista Fratelli d'Italia. Come emerge dall'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Maria Pino, già nel 2006 Caravà era stato denunciato per estorsione e voto di scambio.
Nel 2008, mentre Caravà era in carica, il Comune di Campobello di Mazara fu oggetto di una ispezione disposta dal Ministero dell'Interno per verificare eventuali infiltrazioni mafiose, che non ebbe alcun seguito
Numerose le intercettazioni che lo tirerebbero in ballo. Gli inquirenti sono convinti, inoltre, che il sindaco Caravà avrebbe distribuito ai mafiosi anche lavori e appalti del Comune.
Ed ancora, in una conversazione la moglie di un boss spiega al marito che proprio grazie al sindaco avrebbe ottenuto in regalo i biglietti aerei per raggiungere il congiunto nel carcere del Nord Italia. Non solo.
Al centro delle indagini, avviate nel 2006 sotto la direzione della procura distrettuale antimafia di Palermo, c'è quello che è considerato uno dei sodalizi più vicini a Messina Denaro, capo indiscusso della mafia trapanese e punto di riferimento per l'intera struttura di Cosa Nostra ricercato per associazione di stampo mafioso, omicidio, strage, devastazione, detenzione e porto di materiale esplosivo, furto ed altro Secondo gli investigatori, la famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, storicamente tra le più attive del mandamento di Castelvetrano, avrebbe mantenuto uno stretto collegamento con il “boss dei boss” e, «attraverso un pervasivo controllo del territorio», sarebbe riuscita ad «infiltrare progressivamente le attività imprenditoriali ed economiche dell'area».
Nel corso dell'operazione, oltre al capo della famiglia Leonardo Bonafede, inteso «u zu Nardino», è stato arrestato Filippo Greco, noto imprenditore di Campobello, da tempo trasferitosi a Gallarate (VA), ritenuto uno dei principali finanziatori nonchè‚ il «consigliere economico» dell'organizzazione mafiosa. Misure cautelari sono state inoltre eseguite nei confronti di Cataldo La Rosa e Simone Mangiaracina, considerati il «braccio operativo» del capo della famiglia mafiosa.
Destinatari dei provvedimenti cautelari sono inoltre: Calogero Randazzo, già condannato per associazione mafiosa; Gaspare Lipari, che avrebbe svolto la funzione di «collegamento» tra il sindaco ed il capomafia; Vito Sisgnorello, anche egli condannato per mafia.
Le 11 persone destinatarie dell'ordinanza di custodia cautelare del gip di Palermo, tutte ritenute affiliate alla famiglia, sono accusate a vario titolo di associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni.Gli investigatori hanno inoltre accertato la gestione occulta, da parte di cosa nostra, di società ed imprese in grado di monopolizzare il mercato olivicolo ed altri settori dell'economia.
I carabinieri hanno eseguito anche il sequestro preventivo della «Eurofarida Srl» una azienda del settore olivicolo, del valore complessivo di circa 2 milioni di euro, riconducibile ai vertici dell'organizzazione. Le indagini hanno, infatti, accertato che Leonardo Bonafede e Simone Mangiaracina, in concorso con Cataldo La Rosa e Antonino Moceri (alcune delle persone coinvolte nel blitz) avevano attribuito fittiziamente la titolarità delle quote societarie e dei beni aziendali ad Antonio Tancredi e alla moglie di Antonino Moceri proprio allo scopo di eludere eventuali misure di prevenzione patrimoniale.
A Moceri e a Tancredi è stato contestato, oltre all'intestazione fittizia di beni, anche il delitto di concorso esterno in associazione mafiosa, per aver consapevolmente fornito alla famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, nella quale non erano organicamente inseriti, «un contributo dotato di effettiva rilevanza causale ai fini del rafforzamento e del più efficace raggiungimento degli scopi criminali, avendo consentito alla predetta associazione mafiosa di infiltrarsi nel redditizio settore della olivicoltura».
Giacomo Di Girolamo direttore di Radio Marsala Centrale, meglio nota come Rmc 101,dove da anni ogni mattina chiede “Dove sei Matteo?”sicuro di essere ascoltato se non da “u sicco” (il secco) almeno da qualche sodale di Matteo Messina Denaro ricercato dal ’93, sarà sicuramente felice di apprendere la notizia
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