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Canada. Giorno due.

Da Unarosaverde

Baie St. Catherine, ore 20.30.

Scrivo da uno chalet affacciato sul fiume, un paio di chilometri prima dell’attracco per Tadoussac. Ci siamo arrivate nel tardo pomeriggio, senza prenotare perche’ non avevamo progetti precisi ma e ‘ sabato e gli alberghi e le Gites sono pieni. Abbiamo trovato posto in una vecchia stalla riconvertita a dormitorio, foresteria di una casetta in legno gestita da hippies moderni che cucinano molto bene e decorano gli interni col vintage. Alla base delle onnipresenti scalette – immagino servano per riuscire ad uscire di casa quando fuori ci sono cumuli di neve – ci ha accolto una lavatrice primo modello, che non avevo mai visto. Subito dopo c’era una trappola per animali a me sconosciuti e di seguito tutta una serie di oggetti da far invidia ad un mercato delle pulci. Le lenzuola sono di bucato e l’ambiente ricorda il Cammino.

Qui ci sono fondamentalmente tre tipologie di creature: i turisti, che si sono incamminati come noi verso nord est sull’autostrada che risale il corso del San Lorenzo, e che si affollano in cinque chilometri quadrati, i locali che prosperano grazie ai turisti e le balene, che forse solo durante la notte possono andare e venire per le acque del fiume e mangiare in pace. Di giorno i traghetti, le barche a vela, le navi da crociera, i gommoni e le canoe sono cosi’ numerosi che, fossi un cetaceo, me ne guarderei bene prima di tirare su la testa dall’acqua.

Domani anche noi faremo parte dei disturbatori della quiete ittica e usciremo di prima mattina con uno zodiac, ci congeleremo, soffriremo l’onda e sussulteremo ad ogni rollio ma per un avvistamento o due penseremo che l’esperienza – e quando mi ricapita? – possa valere lo sforzo. Una balenottera comune l’abbiamo gia’ intravista, dall’alto di un osservatorio, giocare vicino a riva.

Questa mattina la strada ci ha chiamato e abbiamo fatto rotta verso il fiordo, fermandoci lungo la strada per visitare la cascata Montmorency dall’alto e dal basso: sono morta di paura, sul ponte sospeso ma mi sono lasciata inzuppare sul fondo, dove gli spruzzi disegnavano arcobaleni sull’acqua. Poi su e su ancora, per chilometri e chilometri di foreste di conifere e larici, tra salite e discese e laghetti blu, tra paesini di case di legno colorate e mucche al pascolo. Mi immaginavo la mia valle presa, aperta e distesa in piano per piu’ e piu’ volte, senza tornanti e vette alpine ma con la stessa vegetazione.

Fuori dal fienile hanno acceso il fuoco e la musica ma io sono stanca e non credo mi ci vorra’ molto per addormentarmi, anche perche’ ho sbafato ratatouille con quinoa, fondant au chocolat e sidro fatti in casa.

Annotazioni della giornata: qui i camper sono lunghi come transatlantici, apribili sui lati. Io ci vivrei, altro che casa. Tadoussac e’ un luogo da cartolina perfetto per realizzare le aspettative dei turisti; i cartelli gialli di attraversamento alci e motoslitte sono tipici del luogo; a lato delle discese piu’ ripide ci sono delle corsie di decelerazione per tir che hanno perso il controllo dei freni sul ghiaccio. I semafori sono in orizzontale e all’altro,lato dell’incrocio: mica facile capirlo all’inizio. Non credo che in Canada ci sia crisi: si cerca ovunque personale e in molti luoghi ci sono ruoli sovrabbondanti. Se avessi piu’ tempo rispetto ai dieci minuti di oggi per fare rifornimento, credo che in un supermercato potrei passare un paio d’ore in esplorazione di quel che da noi non arriva se non tramite TV. Con lo sciroppo d’acero si fa qualunque cosa in Canada.


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