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"Cane mangia cane" di E. Bunker

Creato il 02 maggio 2011 da Bens
Recentemente guardavo in televisione uno speciale sulle carceri di massima sicurezza negli Stati Uniti: Folsom, Pelican bay, San Quentin. Trasalivo alla sola menzione delle più irriducibili gang che governano le sezioni dei penitenziari, fino ai più dimenticati corridoi. Un letale mix di adrenalinica consapevolezza e remissiva contemplazione indisponeva il mio, già fragile, sistema nervoso, al susseguirsi di ogni scena, ogni inquadratura, ogni arrabbiato primo piano.
Quindi mi son chiesta che fine avesse fatto la sedicenne innamorata di romantiche eroine inglesi, ferree nella loro devozione al mutandone, perennemente condannate ad inciuci con uomini spiacevoli ma schifosamente ricchi. Mi son risposta che la ragazzina che fui era stata risucchiata da una carnale attrazione verso storie più torbide e politicamente scorrette. La ventenne che sono ha trovato il suo idillio romanzesco sotto al nome di Eddie Bunker.
Piccola chiosa: rivendico il mio sacrosanto diritto di mente autonoma e non stipendiata, di leggere libri che, ad un raziocinio limitato e spuro, potrebbero sembrare tutti uguali, ma che in realtà NO, non è così.
In Cane mangia cane mi aspettavo qualcosa di diverso, non di migliore, ho adorato questo libro, ma per la prima volta non ho scorto strascichi dostoevskijani nei sentimenti, invece molto stagni, dei tre protagonisti: Bunker ci ha purificato da tutte quelle stronzate teistiche di espiazione del peccato. Se c'è una cosa che questo romanzo dice, appena sussurrando, è che il male esiste e fa schifo, che è una specie di malattia da cui non tutti guariscono. Chi fa del male non sempre vuole essere perdonato da chi ferisce, perché la rabbia per ciò che non è stato fatto di lui quando ancora poteva essere salvato, è pari alla tempesta che ha raccolto seminando illeciti.
Bunker è sottovalutato: esistono molti bravi scrittori di crime stories ma nessuno ha il peso educativo e pedagogico che ha lui, il suo sguardo catartico su una vita ormai persa, ha lo spessore di chi, prima di lui, scrisse capolavori non necessariamente superando la condizione di negletto. C'è chi scrive inventadosi storie basate sul nulla (i più bravi scrittori fanno questo, inventano) e poi c'è chi scrive per sopravvivere, perchè condividersi aiuta e chissenefrega se i protagonisti sono perlopiù incalliti criminali abbonati alla galera, e chissestrafrega se il punto principale di quello che si legge si riferisce ad una precedente, e molto triste, condizione umana: Bunker avrebbe potuto camminare sulle acque, se solo ci avesse provato. B.

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