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Nel leggere che il cinema italiano era rimasto senza premi all'ultima edizione del festival di Cannes, mi è tornato in mente un vecchio motivo di Sergio Caputo che a un certo punto faceva : "dice l'INTERPOL: "Scetate guaglio'...qui la malavita e' un'altra chose..."che per i nostri cineasti potrebbe essere modificato in "qui le cinemà è un'altra chose".
Sembra infatti che neanche le antiche colleganze con la parrocchia dei cinematografari transalpini, sempre così vicina a quella del nostro paese, sia ormai disposta a sostenere le opere dei più acclamati autori nostrani, nemmeno quelli di Nanni Moretti, che pure erano sempre stati ben accolto in terra di Francia, dove il regista romano era considerato un maestro del cinema da tutti i critici, esattamente come lo è in Patria.
Stavolta però il suo ultimo film, Habemus Papam, non ha avuto la medesima buona stampa alla quale il regista era abituato, nonostante in patria fosse come sempre stato giudicato l'ennesimo capolavoro morettiano (tutti i film di Moretti sono inevitabilmente accorti come l'ultimo capolavoro del Maestro), con l'unica eccezione dell'Osservatore Romano, che magari era un po' in conflitto d'interessi.
Le cronache da Cannes dei giornali italiani raccontavano di accoglienza calorosa e di standing ovation alla proiezione del film e tutto faceva presagire che qualche premio moretti alla fine lo avrebbe comunque strappato, ma qualcosa non deve essere girato per il verso giusto, se è rimasto a mani vuote.
Sarà che alla fine pure i francesi si sono stancati di assistere alle lunghissime e noiose macerazioni intellettuali di Michele Apicella, l'alter ego di Moretti protagonista dei suoi film (in realtà non si chiama più così dai tempi di Palombella Rossa, ma non è che cambiando nome al personaggio questi cambi di sostanza), sarà che è mancato l'appoggio di un membro della giuria, dal momento che quest'anno tra i giurati non c'era nessun italiano (ma questo starebbe solo a dimostrare che i premi sono assegnati non sul merito artistico ma sulle spartizioni politiche e nazionaliste).
Forse lo stesso Moretti dovrebbe arrivare a comprendere che ormai anche il suo pubblico è invecchiato e trasformato, in bene o in peggio, come quasi profeticamente illustrò Carlo Verdone nel suo Compagni di Scuola, nel quale scelse per il personaggio di Piermaria Fabris, l'ex compagno invecchiato precocemente, l'attore Fabio Traversa, uno dei ragazzi che parteciparono alla realizzazione del primo famosissimo lungometraggio di Moretti, Io Sono Un Autarchico.
Senza premi è rimasto pure il film di Paolo Sorrentino, anche lui descritto come un capolavoro dalla stampa italiana, che aveva così acceso un piccolo derby nazionale per la Palma d'oro.
Sorrentino ha fallito il grande film internazionale, rivelandosi non all'altezza di raccontare una storia di ampio respiro, non costretta nelle solite autoreferenzialità del cinema italiano, che ormai non interessano a nessuno.
Non gli è bastato un cast internazionale, (Sean Penn, Frances McDorman e il mio amato (Judd Hirsh) per imbastire un prodotto internazionale, per il quale Sorrentino avrebbe bisogno forse di staccarsi dal paese natale per più tempo.
In sintesi, ennesima dimostrazione della marginalità del cinema italiano contemporaneo, allo stesso tempo incapace di raccontare le dinamiche più vere e profonde del proprio paese, limitandosi a mettere in piazza le proprie idiosincrasie, e inadatto ad analizzare con occhio critico il mondo esterno.
Alla fine la Palma d'oro è andata al film The Tree of Life di Terrence Malick, il cineasta filosofo per il quale è sempre più pressante il dubbio di trovarsi di fronte ad un genio universale o ad un fabbricante di bufale: lo scopriremo prossimamente.
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