Una cosa è interessante di The Bling Circle: il titolo. Per quello che significa e rappresenta, un circolo segnato dal bling bling di un sms in arrivo. Non tanto per la parola onomatopeica, quanto per l'idea del cerchio chiuso, della cerchia di adolescenti amici che in nome di Prada e Louis Vuiton svaligia ville di divi di Hollywood e sogna di far parte di una cerchia superiore, che è ovviamente quella delle loro vittime. Sofia Coppola come sempre sa quello che fa, stavolta sembra farlo in modo più svogliato e meno formalista del solito, ma arrivando anche più a fondo nello scandagliare il vuoto di rappresentazione e immaginazione della società dello spettacolo, che poi è l'unico vero tema del suo cinema. La linea piatta su cui si apriva Somewhere diventa un cerchio che si chiude da sé: il mondo delle star e della ricchezza senza peso che crediamo inaccessibile, inarrivabile, è in realtà lì, alla portata di tutti, su Google, con le porte aperte, le chiavi sotto lo zerbino, i vetri che lasciano in vista la ricchezza, in una città filmata come un fantasma, orizzontale, galleggiante in una luce biancastra che riflette e nullifica. La piattezza apre al potere, perché il potere è piatto, anche quello del cinema. Lo sguardo verso il mondo di Hollywood chiede la distanza - per adorare, sognare, immaginare di avvicinarlo - ma basta saltare un cancello per capire che il nulla è nella vita, come sullo schermo.
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Una cosa è interessante di The Bling Circle: il titolo. Per quello che significa e rappresenta, un circolo segnato dal bling bling di un sms in arrivo. Non tanto per la parola onomatopeica, quanto per l'idea del cerchio chiuso, della cerchia di adolescenti amici che in nome di Prada e Louis Vuiton svaligia ville di divi di Hollywood e sogna di far parte di una cerchia superiore, che è ovviamente quella delle loro vittime. Sofia Coppola come sempre sa quello che fa, stavolta sembra farlo in modo più svogliato e meno formalista del solito, ma arrivando anche più a fondo nello scandagliare il vuoto di rappresentazione e immaginazione della società dello spettacolo, che poi è l'unico vero tema del suo cinema. La linea piatta su cui si apriva Somewhere diventa un cerchio che si chiude da sé: il mondo delle star e della ricchezza senza peso che crediamo inaccessibile, inarrivabile, è in realtà lì, alla portata di tutti, su Google, con le porte aperte, le chiavi sotto lo zerbino, i vetri che lasciano in vista la ricchezza, in una città filmata come un fantasma, orizzontale, galleggiante in una luce biancastra che riflette e nullifica. La piattezza apre al potere, perché il potere è piatto, anche quello del cinema. Lo sguardo verso il mondo di Hollywood chiede la distanza - per adorare, sognare, immaginare di avvicinarlo - ma basta saltare un cancello per capire che il nulla è nella vita, come sullo schermo.
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