A cura di Carlo Nesti
In questa rubrica, ho sempre sostenuto come lo sport sia fondamentale per la salute fisica e morale dei giovani. Ma lo sport non è Dio. E’ solo un sistema, del quale Dio si serve, per guidarci verso il benessere.
Una delle eccezioni più raccapriccianti, nella cronaca nera recente del nostro paese, è costituita dal venticinquenne Lorenzo Manavella, pallavolista di Serie B2 del Santhià, reo confesso dell’efferato omicidio dei 2 nonni e della zia. L’assassino fa parte di una famiglia di provata fede sportiva: il nonno Tullio fondatore della Pallavolo Santhià, la zia Patrizia appassionata di golf, e il padre Gianluca allenatore della squadra. Il demone che è entrato nel ragazzo, portandolo a realizzare la strage, ha un nome arcinoto e odioso: droga. E, a questo proposito, sono felice di crearmi dei nemici, scrivendo ciò che penso.
Recentemente, è stata bocciata, come incostituzionale, la legge Fini-Giovanardi. Il testo, approvato dalla Camera, ristabilisce la differenza tra droghe pesanti e droghe leggere, e depenalizza l’acquisto, e il consumo personale. Ebbene: accetto che si possa discutere sulla situazione precedente, visto che la legge non aveva scoraggiato il fenomeno, con la prospettiva del carcere. Ma non accetto i toni messianici e trionfalistici, con i quali molti hanno commentato la retromarcia.
Resto dell’idea che qualsiasi droga, per quanto leggera, sia solo l’inizio di una scala, che conduce al peggio. E che la migliore alternativa sia proprio lo sport, in grado di agire, positivamente, sull’umore e l’autostima, in particolare, dei giovani.
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