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Carmelo Bene Pinocchio stirneriano

Creato il 15 gennaio 2012 da Chiosaluxemburg @ChiosaLuxemburg
Carmelo Bene Pinocchio stirneriano
Avevo cominciato questa rubrica intitolandola “operazione radical deluxe”( vedi http://caffescorretto.blogspot.com/2011/12/un-destro-in-faccia-dal-significato.html). L’intento , da parte mia che sono dichiaratamente di sinistra, ma poco allineato, rimane sempre quello di spiegare alla destra che cos’è la destra, almeno da un punto di vista squisitamente culturale. Mi rendo però conto a distanza di qualche settimana dagli ultimi articoli (http://caffescorretto.blogspot.com/2011/12/ennio-flaiano-sublime-satiro.html e http://caffescorretto.blogspot.com/2011/12/fellini-cattolico-marxista-decadentista.html), che i gusti della destra cambiano sempre più rapidamente, e ormai quella che in molti chiamano Neo-destra (cioè uno zuppone de-ideologizzato sempre più subdolo e casapoundeggiante), è orientata sempre più verso eroi quali Nigel Farage, Giacinto Auriti, la versione signoraggista di Pound e altri semisconosciuti le cui gesta viaggiano a mille solo nelle scorribande fasciocomplottiste del web, mentre sono in ribasso i dinosauri di berlusconiana memoria quali Ferrara e affini. Dunque questa volta per stare al passo coi tempi e sculacciare gli stolidi, dovrò tirare fuori dal cilindro un vero pezzo da novanta della provocazione: Carmelo Bene Vediamo cosa diceva nel 76’ in Quartaparete (incontro con Carmelo Bene a cura di Gigi Livio e Ruggero Bianchi, pag.121): “Non perché Pound sia arrivato lì bisogna ignorare tutta l’operazione ricchissima che ha compiuto. E io me ne fotto…Ma ce ne fossero di fascisti così! Perché uno li può far fuori come fascisti, e pero…E poi, il fascismo di Pound…Va be’…E’ stato più utile un Pound che dieci Gramsci, no?” No, ma la provocazione arriva al cuore del problema: la poesia è più utile dell’economia; quella da strapazzo dell’ABC di Pound che oggi ispira le teorie dei signoraggisti on-line, e, sempre a detta di Bene, sarebbe più utile anche di un’originalissima interpretazione del marxismo quale fu quella di Gramsci. In realtà, se negli anni novanta buona parte degli operai ha trovato più ospitalità nei programmi della destra e si è lasciata sedurre dalle “sovrastrutture” dominanti, più che dall’offerta dei partiti di sinistra, è perché la cosiddetta “falsa coscienza” delle istituzioni borghesi si era inculcata sin troppo prepotentemente nelle prospettive dei lavoratori stessi. Fallimento dei partiti di sinistra o attualità del pensiero gramsciano non percepita? Con buona pace di Carmelo Bene direi che sono vere entrambe le cose. Ma tanto anche Carmelo Bene sapeva, ed in anni non sospetti, quanto a volte la sinistra sa essere ingenerosa: “ Pier Paolo aveva tutte le sue sante ragioni quando faceva il dissenso. Quegli stronzi del P.C.I. non hanno capito mai un cazzo…l’hanno fatto fuori, così, moralmente, demagogicamente, forse quando lui era in crisi, quando serviva…perché appena cè una crisi, il P.C.I. chiude le porte, no?” (Quartaparete, pag. 131). Bene si riferiva alla critica di alcuni militanti del PCI al romanzo di Pier Paolo Pasolini ragazzi di vita, e questa volta possiamo anche dargli ragione: gli intellettuali del PCI emisero la loro condanna. “Tutto trasuda disprezzo e disamore per gli uomini, scrisse Giovanni Berlinguer. E Carlo Salinari: “Pasolini sceglie apparentemente come argomento il mondo del sottoproletariato romano ma ha come contenuto reale del suo interesse il gusto morboso dello sporco, dell’abietto, dello scomposto e del torbido. Anche Asor Rosa si schierò contro. E come disse Carmelo Bene, Pasolini “fece il dissenso”; si schierò a sua volta contro le tendenze staliniste del partito. E Carmelo Bene? (tanto per tornare al de cuius), che pesce era? Certamente un irregolare come Pasolini, un non allineato, un settario, ma certamente non di sinistra; ecco cosa diceva a Lietta Tornabuoni sull’Europeo nel 68’ a proposito del 68’: “ Belli questi rivoluzionari che invocano regolamenti più saggi e più democratici…Io non ho che disprezzo verso questi intellettuali di sinistra mediocri, maldestri, scemi, bugiardi e ladri…Se si vuole cambiare davvero qualcosa, bisogna cominciare a cambiare se stessi, andare contro se stessi fino in fondo. Il massimo impegno civile è L’autocontestazione”.  Sono anche io convinto che, indipendentemente se Bene sia stato mai capace di farlo o meno, L’autocontestazione sia una regola di base per chi voglia davvero combinare qualcosa di buono: prima cambia te stesso e poi vedi se negli altri c’è qualcosa che non va.  Ma a Carmelo Bene degli altri non è mai fregato un granchè, anche perchè il sostrato dal quale  attingeva per predicare l’autocontestazione era certamente lo stirnerismo, e ce lo spiega lui stesso: “ Vi invito a leggere bene L’unico e la sua proprietò di Stirner. Ma a leggerlo veramente bene. Leggerlo tutto molto bene. Leggerlo veramente bene”. In effetti Carmelo Bene si è autocontestato a più riprese e a più riprese se n’è infischiato delle contestazioni altrui: “ Nostra signora dei Turchi è una cosa mia. L’ho girato per far contento me stesso. Naturalmente non ci sono riuscito, come sempre non sono soddisfatto di me. Del giudizio degli altri non m’importa”.  Anche il suo Pinocchio fu  stirneriano: “ Quando Pinocchio impara a leggere diventa un essere mediocre, perde il legno e con esso l’inorganico, l’infanzia e si avvia ad essere un bambino per bene…Alla fine Pinocchio insegnerà a leggere al padre analfabeta con l’arroganza che è propria della paternità…In questo ritroviamo la situazione della scuola, il paternalismo volgare della coscienza preconcetta del grillo parlante, della decodificazione del linguaggio che viene fuori da qualsiasi regime…Ecco perché quando Pinocchio imparerà a leggere si esprimerà per volgari proverbi. Il finale è feroce, ma è proprio questa la sua grandezza…E’ un discorso sull’onnipotenza bambina. In Pinocchio c’è la nostalgia di quanto non è mai stato”. (Coscienze di legno, intervista a cura di Emanuela Muzzi, “avvenimenti”, 1999, pag. 86. Che peso essere un genio, intervista a cura di Alain Elkan, “La Stampa”, 1998, pag.15). Lasciamo un ultimo messaggio del maestro, con una dedica speciale ad una generazione che sempre più ha la pretesa di conoscere la  storia su youtube e la politica su facebook. Carmelo Bene andava oltre: per lui la cultura tutta era un fatto di aristocraticismo intellettuale: “ La grande poesia non è servizio sociale, non si può con il pluralismo d’accatto di quella pattumiera planetaria  a mare aperto che è internet. L’equivalente di un museo affastellato che pretende di dare il massimo della visibilità e della dicibilità a qualcosa che resta invisibile e indicibile… Ci sono cose che devono restare inedite per le masse anche se editate. Pound o Kafka diffusi su internet non diventano più accessibili, al contrario…L’abuso d’informazione dilata l’ignoranza con l’illusione di azzerarla”.

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