ROMA - Carne equina nelle lasagne, carne equina nei ravioli e anche nelle polpette. Negli ultimi tempi la “questione” carne di cavallo negli alimenti si è fatta molto sentire.
Ma non bisogna cadere nella trappola del “qualunquismo” e non bisogna fare di tutta un’erba un fascio. Perché se è vero che esiste il problema della carne equina negli alimenti, bisogna anche sottolineare che non è la carne di cavallo in sé a far male. Piuttosto, è pericoloso quello che la carne equina può contenere in caso provenga da animali non controllati, o provenienti da vecchi cavalli da corsa “in pensione”: steroidi, ormoni, farmaci che finirebbero dritti .
A sottolinearlo è il nutrizionista Giorgio Calabrese, docente di Alimentazione e Nutrizione umana alla Cattolica di Piacenza, che spiega: “È urgente applicare la tracciabilità di tutte le carni, cavallo compreso. I cavalli non allevati per la macellazione – spiega l’esperto – sono imbottiti di farmaci, di ormoni, di steroidi. Nelle macellerie equine, di cui in Italia siamo ricchi contrariamente dell’Inghilterra dove non mangiano cavallo, le carni sono controllate e tracciate, ma in questo caso, una gravissima frode alimentare, noi non sappiamo questa carne equina da dove viene, ha fatto troppi passaggi: Romania, Olanda, Portogallo, ancora Olanda, Gran Bretagna… Non sappiamo se questa carne è stata addizionata con sostanze tossiche, e non sappiamo come sono stati allevati gli animali, se erano da macello o da corsa. Il rischio per i consumatori – conclude Calabrese – non è nella carne di cavallo in sè, ma nei mancati controlli. Per questo è fondamentale che tutti gli alimenti siano etichettati e tracciati dall’allevamento degli animali alla nostra tavola”.