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Caro Montanelli. Il miglior “Cilindro” degli ultimi 150 anni

Creato il 22 luglio 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Caro Montanelli. Il miglior “Cilindro” degli ultimi 150 anni Nel 1991 rifiutò la proposta dell’allora Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, di entrare a Palazzo Madama come Senatore a vita. A chi gli chiese il perché, rispose: “Non è stato un gesto di esibizionismo, ma un modo concreto per dire quello che penso: il giornalista deve tenere il potere a una distanza di sicurezza. Purtroppo, il mio credo è un modello di giornalista assolutamente indipendente che mi impedisce di accettare l'incarico Indro Montanelli è racchiuso tutto in questa frase, il resto ormai è storia. Del “Cilindro” del giornalismo italiano si può dire tutto meno che non fosse il più grande, il numero uno, quello che più di ogni altro era riuscito a dare alla professione una dignità e un'etica morale che i tempi, la politica, l’economia, il gossip e lo scoopismo hanno fatto degenerare fino alla nascita dei “liberi servi”. Se oggi dovessimo raccontare ai nostri figli chi era Indro Montanelli, lo faremmo partendo da quella frase che disse al “Messaggero”. Probabilmente, considerata la merce che c’è in giro, lo prenderebbero per un pazzo idealista, ma poi basterebbe che andassero a rileggersi le sue cronache dall’Ungheria del 1956 per rendersi conto che non era né pazzo né idealista ma solo un giornalista. La foto che pubblichiamo oggi, quella ormai mitica della “Lettera 22” sulle ginocchia a Budapest, è l’immagine che ci spinse a questa professione, e che per 12 anni ci ha fatto da guida in quella che resta la vita “più” meravigliosa che la fortuna ci ha concesso di vivere. In questa foto è racchiuso infatti il nostro mestiere, la voglia e l’ambizione di raccontare la Storia mentre la si vive e non di leggerla stancamente sulle pagine di un giornale, di un qualsiasi giornale. E il verbo giusto è proprio “raccontare” perché altro, un bravo giornalista non deve fare, il “commentare” è possibile solo se lo si fa per “chiarire” e non per “indirizzare”. Montanelli era un mostro della parola giusta al posto giusto, odiava la retorica, i termini astrusi, gli articoli-balletti che non portano da nessuna parte, i pezzi composti da due idee (“Ne basta una – diceva – una alla volta”), e poi odiava i servi, liberi e non, fedeli e non, capaci e non. 1997, lectio magistralis all’Università di Torino, La Stampa riporta: “Il giornalismo non conduce alla ricchezza, può condurre al benessere, per carità. Io non mi lamento affatto, ho quanto mi basta e anche di più per campare bene. Ma il giornalista ricco è un giornalista che puzza perché si è servito del mestiere per raggiungere altri obiettivi. Un giornalista che si asservisce al mestiere lo fucilerei”. La storia del suo rapporto personale e professionale con Silvio Berlusconi la conoscono tutti. Tutti sanno che fine gli fece fare Silvio quando Montanelli non scese in campo (non accettando di schierarsi con Forza Italia) e subito dopo che Emilio Fede (proprio lui, il re dei maggiordomi) lo invitò pubblicamente a dimettersi dalla direzione del Giornale che aveva fondato. Emilio Fede, proprio lui, il re dei maggiordomi, disse che Indro era un “vecchio rincoglionito”. Lo disse anche di Enzo Biagi e questo dimostra quanto sia alta la statura del peggior giocatore di poker degli ultimi 150 anni. Tutti sanno che Silvio, per blandirlo, gli propose un posto accanto al suo nel mausoleo di Cascella ad Arcore e che (ricorda Marco Travaglio), Montanelli gli rispose “Domine non sum dignus”. Tutti sanno che Silvio gli boicottò l’uscita de “La Voce”, il giornale più graficamente elegante mai uscito in Italia, tagliandogli sotto i piedi l’erba della pubblicità e tutti sanno quello che Indro pensava di Silvio. Forse è per questo che la “gauche”, che lo aveva fino a quel momento considerato un nemico, iniziò a metterlo fra i suoi punti di riferimento. Quando Enzo Biagi fece notare a Montanelli che era diventato un simbolo della sinistra, Indro rispose: “Questo veramente è il coronamento della mia vita, e quindi lo accetto con una certa allegria. Mi doveva succedere anche questo, e mi è successo”. Montanelli è morto dieci anni fa e, tanto per tener fede al suo modo “feroce” di intendere il giornalismo e la “credibilità” che un giornalista deve avere per “raccontare” agli altri i fatti, si scrisse da solo il necrologio che apparve sulla “Stanza” del Corriere della Sera: “Mercoledì, 18 luglio 2001 - ore 1.40 del mattino. Giunto al termine della sua lunga e tormentata esistenza - Indro Montanelli - giornalista - Fucecchio 1909, Milano 2001 - prende congedo dai suoi lettori ringraziandoli dell'affetto e della fedeltà con cui lo hanno seguito. Le sue cremate ceneri siano raccolte in un'urna fissata alla base, ma non murata, sopra il loculo di sua madre Maddalena nella modesta cappella di Fucecchio. Non sono gradite né cerimonie religiose, né commemorazioni civili”.
PS. Sono passati quattro giorni dalla ricorrenza ma a noi, si sa, non piacciono né i cori né le prefiche.

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