Magazine Lavoro

Casa e catasto, un algoritmo per le rendite

Creato il 20 febbraio 2012 da Maurizio Picinali @blogagenzie

Le tasse sulla casa? Le deciderà un algoritmo. Un termine inquietante di per sé ma che quando è legato al Fisco preoccupa ancora di più. Questo però è lo scenario che si prospetta se l'esecutivo, come sembra probabile, inserirà nel pacchetto sulle semplificazioni fiscali della prossima settimana anche la delega per il riordino del Catasto. Preannunciata nella conferenza stampa di fine anno dal presidente del Consiglio, la modifica si propone di rendere più equi i criteri di ripartizione tra contribuenti dell'imposizione fiscale. La strada identificata consisterebbe nel legare gli imponibili ai valori di mercato, approfittando del fatto che l'Agenzia del territorio monitora ogni sei mesi l'andamento dei prezzi di case, uffici, negozi e laboratori in tutta Italia.Casa e catasto, un algoritmo per le rendite
Che vi sia un problema di equità nella definizione degli estimi è innegabile: i dati sulla cui base si calcolano le imposte risentono del tempo (sono stati definiti nel 1992, in previsione della nascita dell'Ici) e hanno un peccato originale: il dato base di estimo è dato dal reddito (teorico) ricavabile dalla locazione di un immobile; non importa se il proprietario poi quel reddito non lo ricava perché il suo guadagno è costituito dall'affitto risparmiato. Il problema è che quando è avvenuta la ricognizione del territorio per definire le rendite le locazioni delle case avevano valori (teorici perché nessuno affittava più) calcolati secondo i parametri risibili dell'equo canone. I valori di base non sono stati più toccati, nel tempo si è proceduto solo a un paio di tagliandi di manutenzione, aumentando del 5% tutti gli estimi e ritoccando successivamente i coefficienti di moltiplicazione adottati per le singole imposte. Non sfugge alla regola nemmeno la neonata Imu: la rendita base per il calcolo dell'imponibile è sempre quella del 1992, rivalutata del 5% e moltiplicata per 160 (anziché per 100 come avveniva con l'Ici).

Con tutte le riserve dovute al fatto che si tratta di medie all'ingrosso, una semplice analisi su dati rilasciati dall'Agenzia del territorio mostra i termini della questione: il valore di mercato della casa tipo in Italia è più alto del 267% rispetto al valore catastale del medesimo appartamento. A Napoli e a Palermo il gap è addirittura attorno al 400% (o per dir la stessa cosa in altri termini: per il Fisco una casa vale un quinto rispetto al mercato), a Milano la differenza è del 172,7%, a Roma del 252%. Cambiando il tributo cambiano anche i numeri: l'imponibile Imu è minore del 128,8% del mercato nella media nazionale; per le imposte di trasferimento per la prima casa il valore ricavabile dall'applicazione degli estimi è del 232% più basso rispetto al prezzo di mercato, per le altre case il gap scende al 205%. Assodato questo aspetto, la faccenda si complica enormemente, perché un adeguamento nudo e crudo dei valori senza una contemporanea rimodulazione delle aliquote porterebbe a un inasprimento della tassazione pressoché insostenibile. Lo scopo sarebbe quello di rivedere imponibili e aliquote a invarianza di gettito: questo però è quello che nelle scorse settimane è trapelato ufficiosamente, sarà meglio verificare se e quando la delega sarà scritta nero sui bianco, anche perché nella conferenza stampa citata Mario Monti non lo ha detto. Invarianza di gettito però non significa affatto che le imposte non aumenteranno, ci sarà chi dovrà subire un aumento sostenuto delle imposte e chi invece se le vedrà ridurre.

E qui dovrebbe entrare in scena l'algoritmo di cui dicevamo all'inizio: sarà identificata una procedura matematica per ricondurre i valori fiscali attuali a quelli di mercato redistribuendo i carichi tributari. Per illustrare il concetto torniamo alla nostra tabella delle città: abbiamo visto che ai fini Imu in Italia la differenza media è del 128%, a Milano il valore scende al 70% e a Napoli sale al 212%. Significa che a Milano l'imponibile Imu dovrebbe scendere e a Napoli salire per arrivare in entrambi i casi a far pagare le tasse che si pagherebbero oggi con un gap del 128% rispetto al mercato. Già così l'operazione si prospetta cervellotica ma si complica ancora di più se si considera che all'interno delle singole realtà urbane ci sono spesso nelle zone centrali differenze superiori anche il 500% tra i valori reali e quelli che il Fisco computa attualmente mentre nelle periferie non è raro il caso in cui catasto e mercato vanno a braccetto. Per finire, la ciliegina sulla torta: i valori di mercato indicati dall'Agenzia del territorio non sono ancora davvero attendibili. Basta guardare la tabellina dei valori medi per dimostrarlo: Milano costa in media meno di Bologna, Firenze, Genova, o Napoli.

Per questo cambiare le imposte solo con un'operazione matematica ma senza il vaglio di ogni singolo immobile certo non dà garanzia di equità. Anche se l'Esecutivo lo potrà fare senza il rischio di ricorsi da parte dei contribuenti, come spiega il presidente di Confedilizia Corrado Sforza Fogliani: «Alle commissioni tributarie si può ricorrere solo per contestare errori formali ma mai contro il merito della stima fatta dall'Agenzia del territorio. Il problema giuridico che si porrebbe è un altro: legando formalmente le imposte ai valori di vendita degli immobili e non al reddito che se ne può trarre si cambia la natura del catasto come è previsto nel nostro ordinamento. In Germania dove si è provato a farlo, la Corte costituzionale ha bocciato la legge perché può comportare una tassazione superiore al reddito derivante dell'immobile e trasformarsi in un esproprio progressivo del bene». DI Gino Pagliuca
19 febbraio 2012 TRATTO DA corriere.it
32


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :