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Caso letterario o semplice pigrizia?

Da Traveltotaste

 Stamattina, mentre gustavo un buon caffè al bar, sono rimasta folgorata dalle due pagine dedicate su di un noto quotidiano al “caso editoriale dell’anno”, Cotto e Mangiato di Benedetta Parodi.

Nonostante abbia da tempo la mia opinione in merito, ho letto l’articolo attentamente per cercare di capire cosa mi fosse sfuggito. Non posso arrendermi al fatto che, in quanto a vendite, sia davanti a scrittori come Ken Follett, Camilleri ed Ammaniti.

Il concetto sta, secondo l’editore, nel fatto che la Parodi sia considerata una normale donna di casa e che, per questo, attiri le simpatie di tutti gli avventori che hanno acquistato il libro e seguono la sua trasmissione.

A me però continua a non convincere quest’analisi. La trasmissione l’ho vista qualche volta per curiosità, il libro l’ho visto a casa di qualcuno che ce l’aveva e sono andata a leggermi varie recensioni e critiche in merito.

L’opinione comune è la stessa che ho sempre avuto io: la gente non ha più voglia di fare nulla, né di leggere romanzi né di cucinare.

Non penso certo di essere l’unica persona in grado di cucinare o di poter parlare di cucina con una certa competenza, però mi chiedo come sia possibile confondere l’assemblare prodotti surgelati ed industriali con il piacere del cibo.

In un periodo (e non solo in Italia) in cui si parla tanto di obesità infantile e di quanto la corretta alimentazione contribuisca a rimanere in buona salute, si può svuotare un barattolo di crema di marroni su della panna montata, farcire il tutto con uno sciroppo di cioccolato industriale e chiamarlo dessert??

Con tutto il rispetto per il successo della Parodi, che è riuscita a trovare la via giusta per il successo, quelli che non riesco a capire sono i fruitori delle ricette.

Un’amica, famosa per non essere molto abile in cucina mi ha fatto notare di come lei, utilizzando i consigli di Cotto e Mangiato, fosse riuscita a fare alcune preparazioni.

Posso darle ragione sul fatto che le spiegazioni siano semplici ma, da amante e cultrice del cibo quale sono, non accetto che non si insegni anche e soprattutto ad utilizzare materie prime di qualità. Non intendo ingredienti costosi o ricercati ma bisogna inculcare nella mente delle persone di quanto il cibo possa fare bene al corpo, e quanto possa fargli altrettanto male.

 In Inghilterra c’è un giovane chef/fenomeno televisivo molto famoso (ormai lo è anche in Italia) che si batte in tutto il mondo perché i genitori imparino la corretta alimentazione propria e dei figli. Promuove campagne contro l’obesità e le malattie che da essa derivano. Jamie Oliver propone ricette gustose, salutari e semplici da preparare, con un occhio alla praticità ed uno alla qualità.

 Questo significa saper cucinare ed amare il cibo.



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