Trasformare le cellule staminali ematopoietiche (presenti anche nel cordone ombelicale, sono quelle che originano tutte le cellule del sangue) in vere e proprie armi contro i tumori: è quanto è riuscito a fare un team di ricercatori italiani.
Conservazione cordone ombelicale: scopri di più sulla possibilità di conservare le cellule staminali per il bambino che sta per nascere. Scarica qui la guida gratuita su staminali e conservazione cordone ombelicale.Un gruppo di ricercatori dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e dell’Istituto Telethon per la terapia genica (TIGET) infatti è riuscita, in un modello murino, ad intervenire sulle staminali ematopoietiche inducendo la produzione di interferone alfa proprio nell’area in cui il tumore si sta sviluppando. In questo modo è possibile beneficiare della potente azione antitumorale di questa sostanza senza gli effetti tossici che sino ad ora hanno reso problematico il suo impiego.
Questo risultato è stato raggiunto partendo da una tecnica di terapia genica precedentemente messa a punto che avevo consentito di ripristinare una funzione difettosa in pazienti affetti da leucodistrofia metacromatica e sindrome di Wiskott-Aldrich, due rare malattie genetiche. Nel corso dello studio precedente per combattere le malattie genetiche erano state impiegate cellule staminali ematopoietiche del paziente che erano state corrette introducendo il gene funzionante attraverso l’impiego di vettori virali. In questo nuovo lavoro sono è stata utilizzata la stessa tecnica per inserire nelle cellule staminali un gene che svolge una attività antitumorale.
Questo gene è l’interferone alfa, la cui azione antitumorale è ben nota ma che, somministrato come farmaco, è anche altamente tossico. Grazie a questa nuova tecnica l’interferone è invece in grado di agire in maniera selettiva contro le cellule tumorali.
Una serie di test su modelli animali hanno dimostrato che questa nuova tecnica è in grado di fermare la crescita del tumore mammario e delle relative metastasi. “Ora – hanno spiegato i ricercatori che hanno condotto lo studio – occorre proseguire con ulteriori studi preclinici e individuare quali tipi di tumori possano beneficiare al meglio di questa terapia. Poi si potrà passare a preparare la sperimentazione clinica che, secondo le stime, potrebbe cominciare tra qualche anno”.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica “Science Translational Medicine“.
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