Giunto a metà dell’opera (cinque racconti pubblicati, il sesto sulla rampa di lancio), è necessario un bilancio di questa avventura che dovrebbe chiudersi nel giro di qualche settimana.
Il blog innanzitutto, è il luogo dove oltre ai racconti brevi, sono ospitati diversi contenuti. Ma sono le piccole storie ambientate a Savona a dominare; almeno credo e spero.
Se devo provare a osservare con un po’ di distacco, quello che ho prodotto in queste settimane, posso dirmi soddisfatto. Non parlo però dei contenuti, dei racconti brevi che ogni lunedì ho messo online.
Mi riferisco invece al dialogo che si è instaurato con alcuni lettori: incoraggiante, come si dice.
Non stiamo parlando di grandi cifre: in poco più di un mese, è impensabile smuovere le acque. E poi, come credo di avere già scritto, l’obiettivo di certa scrittura è la nicchia, non il mucchio informe, la folla.
Certi racconti sono un tiro mancino, proseguirà, ovviamente. Non sarà “spento”, ma anzi sarà aggiornato con altri contenuti: anche racconti? Credo/spero di sì. Adesso che scorgo la fine, percepisco con maggiore forza la follia che mi sono imposto. Chi me lo ha fatto fare?
Nessuno, si capisce.
Ho pensato di affrontarlo come un gioco, ben sapendo che la parola tutto è, tranne che gioco. Ha una tendenza: spesso e volentieri, morde. Se le dai fiducia, lei alza l’asticella, pretende da te sempre di più. Ne sei consapevole, ma decidi di rischiare.
Per questo, ho scelto di aprire di fretta e furia questo blog, verso la fine del mese di dicembre: impormi una scadenza fissa, un impegno da onorare con perfetti sconosciuti (che forse, sarebbero diventati un po’ conosciuti), e capire se la mia mano era in grado di creare qualcosa.
Diceva Henry James: Quello che possiamo chiedere a una storia, senza paura di apparire presuntuosi, è di essere interessante.
Non sono le sue parole precise, ma il senso era quello.
Quel giudizio, può essere esteso a dei racconti brevi? Immagino di sì, ma qui mi fermo.
Mi piace però pensare di aver mostrato ai lettori, pochi ma non importa, aspetti e volti di persone che esistono eccome. Storie “sociali”? D’impegno civile? Non sta a me dare le risposte: quando si scrive, buona parte di queste sono in mano ai lettori.
Loro distribuiscono consenso, critiche, insuccesso. Non di rado, sbagliano, ma fa parte del gioco. Per me, le storie sono state un modo per formare uno stile, una voce. Che cosa accadrà nei mesi che verranno, è impossibile prevederlo.