La teosofia è una dottrina filosofica del XVII secolo la quale sostiene che tutte le religioni hanno un’unica origine. Tale dottrina afferma di poter guidare l’uomo alla verità tramite una conoscenza esoterica della divinità.
Il termine teosofia (letteralmente significa sapienza di Dio.‘) indica diverse dottrine mistico-filosofiche storicamente succedutesi, che si richiamano l’una all’altra.
Nella teosofia, Dio è impersonale. Come molti movimenti esoterici simili, la teosofia è orfana sul piano teologico: ha perduto il Padre. Per un teosofo, Dio non è altro che un principio impersonale che pervade ogni cosa.
Propugnata dalla Società Teosofica, cofondata nel 1875 a New York da Helena Petrovna Blavatsky (1831-1891), si proponeva di divulgare il pensiero teosofico, ovvero tutte le religioni deriverebbero da un’unica verità divina.
Essa negava le dottrine più importanti del cristianesimo, il suo insegnamento è seriamente in contrasto con la concezione cristiana di Dio, di Cristo, del peccato, della salvezza, della preghiera e della riconciliazione.
Tale verità sarebbe stata tramandata nel corso della storia attraverso una strettissima cerchia di iniziati, i quali avrebbero rivelato solo gli aspetti conformi al periodo storico in cui si sono venuti a trovare.
Il testo sacro dei teosofi è il Libro di Dzyan.
Cos'è la Teosofia?
COS’È LA TEOSOFIA?di H. P. Blavatsky
Traduzione di Marpa
Questa domanda è posta così spesso e tanti equivoci sono sorti a suo riguardo, che gli editori di una rivista che parla di Teosofia sarebbero imperdonabili se non riuscissero a farsi comprendere perfettamente su questo punto dai loro lettori fin dal primo numero.
Il titolo implica comunque altre due domande alle quali si risponderà ulteriormente: “Cos’è la Società Teosofica?” e “Chi si può dire Teosofo?” Secondo i lessicografi, il termine theosophia deriva da due parole greche: theos (dio) e sophos (saggio).
Fin qui siamo d’accordo. Ma le spiegazioni che seguono sono lontane dal dare un’idea chiara della Teosofia. Webster la definì, in modo molto originale, come un “preteso rapporto con Dio e con gli spiriti superiori che permette, di conseguenza, l’acquisizione di una conoscenza sovrumana attraverso dei procedimenti fisici quali le operazioni teurgiche dialcuni antichi Platonici, o attraverso i procedimenti chimici dei filosofi del fuoco tedeschi”. Questa è, quanto meno, una spiegazione mediocre e sbrigativa.
Attribuire simili idee a degli uomini come Ammonio Sacca, Plotino, Giamblico, Porfirio, Proclo, dimostra che Webster o ha intenzionalmente snaturato la filosofia e le finalità dei più grandi geni della Scuola d’Alessandria, o che le ignorava. Imputare ad essi il desiderio di sviluppare le loro percezioni psicologiche e spirituali attraverso dei “procedimenti fisici”, è fare dei materialisti di coloro che i contemporanei e la posterità hanno denominato “theodidaktoi” – istruiti da Dio.
Quanto alla freccia finale scagliata contro i filosofi del fuoco, essa non li colpisce, ma rimbalza sugli attuali uomini di scienza più eminenti, su coloro che, secondo il Rev.
James Martineau, lanciano la seguente sfida: “Non chiediamo che della materia; dateci degli atomi e nient’altro, e noi spiegheremo l’Universo”. Thomas Vaughan ci offre una definizione infinitamente migliore e più filosofica. “Il Teosofo, dice, propone una teoria di Dio, o delle opere di Dio, basata non su una rivelazione, ma su un’ispirazione che gli viene dall’interno”.
Partendo da questo punto di vista, ogni grande pensatore e filosofo, soprattutto ogni fondatore di una nuova religione, scuola di filosofia o setta, è necessariamente Teosofo. La Teosofia e i Teosofi sono dunque esistiti da quando la prima luce del pensiero nascente ha fatto istintivamente cercare all’uomo i mezzi per esprimere le sue opinioni indipendenti.
I Teosofi esistevano prima dell’era cristiana, malgrado gli scrittori cristiani assegnino lo sviluppo del sistema teosofico eclettico al principio del III° secolo della loro Era. Diogene Laerzio fa risalire la Teosofia ad un periodo anteriore alla dinastia dei Tolomei, e segnala come suo fondatore uno Ierofante egiziano chiamato Pot-Amun, nome copto che significa sacerdote consacrato ad Amun, dio della Saggezza. Ma la storia ci dice che 1 H.P.B. Collected Writings Vol. II° pag. 87 (dal Theosophist Vol. I° N. 1 Ottobre 1879). 2 a rianimare la Teosofia fu Ammonio Sacca, il fondatore della Scuola Neo- Platonica.
Lui e i suoi discepoli si denominavano essi stessi, “Philatethes” o amanti della Verità, mentre altri li chiamavano “Analogisti” perché interpretavano le leggende sacre, i miti simbolici e i misteri con l’aiuto d’analogie o di corrispondenze, in modo che gli avvenimenti che si producevano nel mondo esteriore erano considerati esprimere attività ed esperienze dell’anima umana.
Lo scopo e l’intenzione d’Ammonio era di conciliare tutte le sette, tutti i popoli e tutte le nazioni per riunirli in una fede comune: la credenza in un Potere Eterno, Supremo, Sconosciuto e Innominabile, che governa l’Universo tramite Leggi immutabili ed eterne.
Egli si proponeva di provare l’esistenza di un sistema primitivo di Teosofia che, all’origine, era essenzialmente identico in tutti i paesi; d’incoraggiare gli uomini ad abbandonare le loro lotte e le loro dispute, per unire i loro sforzi e i loro pensieri come figli di una stessa madre di purificare le antiche religioni, pian piano corrotte e oscurate, da tutte le scorie dell’elemento umano, riunendole ed esponendole su principi puramente filosofici.
È per questo che i sistemi Buddista, Vedantino e Magico o Zoroastriano, erano insegnati nella Scuola Teosofica Eclettica unitamente alle filosofie della Grecia. Da ciò derivano quindi, le caratteristiche eminentemente Buddiste e Indiane diffuse fra gli antichi Teosofi d’Alessandria: il rispetto dovuto ai genitori e alle persone anziane, l’affetto fraterno per l’intera razza umana, ed un sentimento di compassione anche per l’animale più ottuso. Cercando di stabilire un sistema di disciplina morale che mostrasse agli uomini il dovere di vivere secondo le leggi dei loro rispettivi paesi, e volendo elevare il loro spirito attraverso la ricerca e la contemplazione della Verità Una ed Assoluta, Ammonio aveva per scopo principale, tramite cui egli pensava di pervenire agli altri, di estrarre dai diversi insegnamenti religiosi, come da uno strumento a molte corde, una melodia completa e armoniosa, che avrebbe trovato un’eco in tutti i cuori amanti della verità.
La Teosofia è dunque l’antica Religione-Saggezza, la dottrina esoterica un tempo conosciuta in tutte le nazioni civili. Tutte le antiche scritture ci mostrano questa “Saggezza”, quale emanazione del Principio divino; e si comprenderà meglio ciò che essa è se si ricorda che essa si dimostra incarnata in nomi quali la Bodhi indiana, Nebo babilonese, Thoth di Menfi, Ermete della Grecia o anche nei nomi di certe dee come Métis, Neith, Atena, la Sophia gnostica e infine nei Veda, che derivano il loro nome dal verbo “conoscere”.
Tutti gli antichi filosofi dell’Oriente e dell’Occidente, gli Ierofanti dell’antico Egitto, i Rishi di Aryavarta, i Teodidaktoi della Grecia, racchiudevano sotto questa designazione tutta la conoscenza delle cose occulte ed essenzialmente divine.
La Mercavah dei Rabbini Ebrei (i loro scritti popolari e secolari) era considerata solo come il veicolo o l’involucro esteriore che conteneva le conoscenze esoteriche superiori. I Maghi di Zoroastro erano istruiti ed iniziati nelle caverne e nelle logge segrete della Bactriana; gli Ierofanti egiziani e greci avevano le loro aporrhêta, o riunioni segrete, durante le quali il Mystê diventava un Epoptês, un Veggente.
L’idea maestra della Teosofia Eclettica era quella di una Essenza 3 Suprema Unica, Sconosciuta e Inconoscibile perché, come dice il Brihadaranyaka Upanishad: “Come si potrebbe conoscere il conoscitore?” Il sistema Teosofico Eclettico si distingueva per tre caratteristiche distinte: la suddetta teoria dell’Essenza; la dottrina dell’anima umana come emanazione di quest’Essenza e pertanto della stessa natura; infine la sua teurgia.
È per quest’ultima scienza che i Neo-Platonici devono il fatto di essere stati considerati così male nel nostro secolo di scienza materialista. La teurgia essendo essenzialmente l’arte di applicare i poteri divini dell’uomo al dominio delle forze cieche di natura, i suoi fedeli furono subito chiamati maghi, corruzione della parola “Magh”, che significa uomo saggio e sapiente.
Gli scettici di un secolo fa sarebbero stati altrettanto lontani dal bersaglio se avessero riso all’idea del fonografo e del telegrafo. Coloro che sono ridicolizzati e trattati da “infedeli” in una generazione, generalmente diventano i saggi e i santi della generazione seguente. La Teosofia moderna, per quanto riguarda l’essenza Divina e la natura dell’anima e dello spirito, crede ciò che credeva la Teosofia antica.
Il popolare Diu delle nazioni ariane era identico allo Iao dei Caldei, ed anche allo Jupiter dei meno colti e filosofici tra i Romani; così come era identico allo Jahvé dei Samaritani, allo Tiu o “Tuisco” dei Nordici, allo Duw dei Bretoni e allo Zeus dei Traci. Quanto all’Essenza Assoluta, l’Uno e il Tutto, sia che accettiamo la filosofia dei Pitagorici greci, dei Cabalisti caldei o degli Ariani, essa ci condurrà sempre ad un unico e stesso risultato.
La Monade primordiale del sistema Pitagorico che si ritira nelle tenebre, che è essa stessa Tenebre (per l’intelligenza umana), era la base d’ogni cosa; e noi ritroviamo quell’idea, in tutta la sua integrità, nei sistemi filosofici di Leibnitz e di Spinoza.
Perciò sia che il Teosofo concordi con la Cabala che, parlando di En-Soph, pone la domanda: “Chi dunque può comprenderLo, dato che Esso è senza forma e Non-Esistente” o, ricordando il magnifico inno del Rig-Veda (Inno 129, Libro 10) domandi con esso: “Chi sa d’onde è sorta quest’immensa creazione? “Se la Sua volontà creò o rimase muta, “Egli lo sa, o forse non lo sa… O ancora che il Teosofo accetti la concezione vedantina del Brahma, rappresentato nelle Upanishad “senza vita, senza mente, puro”, “incosciente”, poiché – Brahma è “Coscienza Assoluta”.
O infine conformandosi agli Svâbhavika del Nepal, sostenga che niente esiste al di fuori di “Svabhavat” (sostanza o natura) che esiste per se stesso, senza alcun creatore – ognuna delle suddette concezioni può condurre solo a pura e assoluta Teosofia. Quella Teosofia che portò uomini come Hegel, Fichte e Spinoza a proseguire l’opera degli antichi filosofi greci e a speculare sulla Sostanza Una – la Divinità, il Tutto Divino che procede dalla Saggezza Divina – incomprensibile, sconosciuta ed innominata – da ogni filosofia religiosa passata o presente, con l’eccezione del Cristianesimo e della religione di Maometto.
Ogni Teosofo dunque, aderendo ad una teoria della Divinità “basata non su una rivelazione bensì un’ispirazione che gli viene dall’interno”, può accettare ciascuna delle definizioni suddette, o 4 appartenere ad una qualunque di queste religioni, e rimanere tuttavia rigorosamente nei limiti della Teosofia. Perché quest’ultima considera che la Divinità è il TUTTO, la sorgente d’ogni esistenza, l’infinito che non può essere né compreso né conosciuto, l’universo solo potendo rivelare Esso, oppure come alcuni preferiscono dire, Lui, attribuendogli così sesso maschile e antropomorfizzandolo – il che è blasfemo.
In verità la Teosofia ha orrore della materializzazione brutale; preferisce credere che, dall’eternità ritirata entro se stessa, lo Spirito della Divinità non vuole né crea; ma che dall’infinita effulgenza che procede irradiando per ogni dove dal Grande Centro, quello che produce ogni cosa visibile ed invisibile non è che un Raggio che contiene in sé il potere di generare e di concepire.
Questi a sua volta produce ciò che i Greci chiamano il Macrocosmo, i Cabalisti Tikkun o Adam Kadmon, l’uomo archetipale, e gli Ariani Purusha, il Brahmã manifestato o il Maschio Divino. La Teosofia crede anche nell’Anastasis o esistenza continuata e nella trasmigrazione (evoluzione), vale a dire in una serie di cambiamenti dell’anima2 che si possono sostenere e spiegare su un piano strettamente filosofico, ed unicamente facendo la distinzione Vedantina fra Paramatma (lo Spirito Supremo e trascendente) e Jivatma (l’anima animale o cosciente). Per dare una definizione completa della Teosofia, dobbiamo esaminarla sotto tutti i suoi aspetti. Il mondo interiore non è stato sempre nascosto a tutti da un’oscurità impenetrabile.
Grazie a quell’intuizione superiore acquisita attraverso la Theosophia, o conoscenza Divina che trasporta la mente dal mondo della forma in quello dello spirito senza forma, certi uomini sono stati capaci in tutti i tempi e in tutti i paesi, di percepire cose nella mondo interiore o invisibile.
È questo il “Samadhi” o il Dhyan Yoga Samadhi degli asceti indù, il “Daimonion photi” o illuminazione spirituale dei Neoplatonici; la confabulazione siderale delle anime” dei Rosa-Croce o dei filosofi del Fuoco; ed anche l’estasi dei mistici o dei mesmeristi e degli spiritisti moderni; tutti identici in natura, anche se diversi nelle loro manifestazioni. La ricerca del “Sè” divino dell’uomo, così spesso erroneamente considerata come la comunicazione individuale con un Dio personale, è stato il fine di ogni mistico, e la credenza nella sua possibilità sembra risalire alla genesi dell’umanità, benché ogni popolo le abbia dato un nome diverso.
Così Platone e Plotino chiamano “opera Noëtica” ciò che negli Yoga e nello Srotriya è definito Vidya. “Attraverso la meditazione, la conoscenza di se stesso e la disciplina intellettuale, l’anima può elevarsi alla visione della verità, della bontà e della bellezza eterne – vale a dire alla Visione di Dio – o all’epopteia”, come dicevano i Greci. “L’unire l’anima individuale all’Anima Universale”, diceva Porfirio, “esige una mente perfettamente pura.
Tramite l’autocontemplazione, la castità perfetta e la purezza del corpo, l’uomo può avvicinarsi ad esso e ricevere, 2 In una serie di articoli intitolati “I Grandi Teosofi del Mondo”, ci proponiamo di dimostrare che da Pitagora che acquisì la sua saggezza in India, fino ai nostri più conosciuti filosofi moderni e fino ai Teosofi. David Hume e Shelley, il poeta inglese, ivi compresi gli Spiritisti Francesi, credettero tutti, e credono ancora, nella metempsicosi o reincarnazione dell’anima, quantunque il sistema degli Spiritisti sia considerato, a giusta ragione, molto imperfetto. 5 in quello stato, la vera conoscenza e la percezione profonda”.
E Swami Dayananda Saraswati, che non ha letto né Porfirio né le opere degli altri autori greci, ma che è un gran conoscitore della scienza vedica, dice nel suo Veda Bhashya (upasana prakara ank. 9) “Per raggiungere Diksha (le più alte iniziazioni) e Yog, bisogna praticare secondo le regole…
L’anima, nel corpo umano, può compiere le più grandi meraviglie se acquisisce la conoscenza dello Spirito Universale (o Dio), e se si familiarizza con le proprietà e qualità (occulte) di tutto ciò che esiste nell’universo. Un essere umano (un Dikshita o iniziato) può così acquisire il potere di vedere e di sentire a grandi distanze”.
Infine, Alfred R. Vallace, membro della Società Reale d’Inghilterra, spiritista, e tuttavia senza dubbio grande naturalista, riconosce con coraggiosa franchezza: “È solo lo spirito che sente, percepisce e pensa, che acquisisce la conoscenza, che ragiona e aspira… non è raro incontrare degli individui costituiti in modo tale che lo spirito può percepire indipendentemente dagli organi corporei dei sensi, o abbandonare totalmente o parzialmente il corpo per un momento, e ritornarci… Lo spirito comunica più facilmente con lo spirito che con la materia”.
Possiamo così capire perché, dopo migliaia d’anni trascorsi fra l’epoca dei Gimnosofisti e la nostra era altamente civilizzata, nonostante o forse proprio a causa di tale illuminazione che spande la sua luce radiante sui regni di natura psicologici e fisici, più di venti milioni d’individui credono oggi, in forma diversa, in quegli stessi poteri spirituali ai quali credevano gli Yogi e i Pitagorici, circa 3.000 anni or sono.
Come il mistico ariano afferma di possedere il potere di risolvere tutti i problemi della vita e della morte appena acquisita la facoltà di agire indipendentemente dal corpo, tramite l’Atman, – il ‘sé’ o “l’anima”; e gli antichi Greci andavano alla ricerca di Atmu Colui che è nascosto, o l’Anima-Divina nell’uomo, con l’aiuto dello specchio simbolico dei misteri delle Tesmoforie, così gli spiritisti moderni, da parte loro, credono che gli spiriti o anime dei disincarnati hanno la facoltà di comunicare in modo visibile e tangibile con coloro che hanno amato sulla terra. E tutti questi, Yogi ariani, filosofi greci e spiritisti moderni affermano quella possibilità partendo dal principio che l’anima incarnata e il suo spirito che non s’incarna mai, il Sé reale, non sono separati né dall’Anima Universale né dagli altri spiriti dallo spazio, bensì unicamente dalla differenziazione delle loro qualità perché, nell’estensione senza limiti dell’universo, non può esserci limitazione. Così dunque, quando questa differenza è soppressa, secondo i Greci e gli Ariani attraverso la contemplazione astratta che produce la liberazione temporanea dell’Anima imprigionata e, secondo gli spiritisti, attraverso la medianità, una tale unione fra spiriti incarnati e spiriti disincarnati diventa possibile.
Fu così che gli Yogi di Patanjali, e i vari Plotino, Porfirio, ed altri Neoplatonici che seguirono le loro orme, affermarono di essersi uniti a Dio o, piuttosto, di essere diventati uno con Dio, parecchie volte durante le loro vite, nel corso dei loro momenti d’estasi.
Quest’idea, per errata che appaia quando la si applica allo Spirito Universale, è stata sostenuta da troppi grandi filosofi, e lo è ancora ai nostri giorni, perché la si respinga come interamente chimerica. Presso i Theodidaktoi (gli istruiti da Dio) la 6 sola critica possibile, il solo punto nero di questa filosofia d’estremo misticismo, è quella di voler includere quella che è semplice illuminazione, nel novero delle percezioni sensoriali.
Nel caso degli Yogi, che asserivano di poter contemplare Iswara “faccia a faccia”, questa pretesa fu annullata dalla logica rigorosa dei discepoli di Kapila.
In quanto alla pretesa identica formulata dai loro successori greci, dalla lunga serie dei mistici cristiani e, infine, nel corso di questi ultimi secoli, dai due ultimi pretendenti alla “visione di Dio” – Jacob Böhme e Swedenborg – questa pretesa avrebbe potuto e avrebbe dovuto essere analizzata in modo filosofico e logico, se alcuni grandi uomini di scienza che sono spiritisti si fossero applicati più alla filosofia anziché al semplice lato fenomenico dello spiritismo.
I Teosofi d’Alessandria erano divisi in neofiti, iniziati e maestri o ierofanti, e le loro regole erano ricalcate su quelle degli antichi Misteri d’Orfeo il quale, secondo Erodoto, le aveva portate dall’India. Ammonio obbligava i suoi discepoli a ‘fare il giuramento di non rivelare le sue dottrine superiori, tranne a coloro che se n’erano mostrati del tutto degni e che avevano imparato a considerare gli dei, gli angeli e i demoni degli altri popoli secondo l’hyponoia esoterica, o “significato nascosto”.
“Gli dei esistono, ma essi non sono ciò che gli hoi polloi, la moltitudine ignorante, suppone”, dice Epicuro, “Non è colui che nega l’esistenza degli dei adorati dalla moltitudine che è ateo, bensì colui che attribuisce a questi dei il significato che dà loro la moltitudine”.
A sua volta, Aristotele, dichiara che “quelli che vengono chiamati dei, non sono altro che i primi principi dell’Essenza Divina che pervade l’intero mondo della natura”.3 Plotino, l’allievo d’Ammonio – “l’istruito da Dio”, ci dice che la gnosi segreta, o la conoscenza della Teosofia, ha tre gradi – opinione, scienza ed illuminazione. ”Il mezzo o lo strumento per acquisire la prima, è la senzazione o percezione; per pervenire alla seconda, la dialettica; per la terza è l’intuizione.
La ragione è subordinata a quest’ultima, perché l’intuizione è conoscenza assoluta, fondata sull’identificazione della mente con l’oggetto conosciuto”. La Teosofia è, si potrebbe dire, la scienza esatta della psicologia; in rapporto alla medianità naturale, è ciò che è la conoscenza di un Tyndall paragonata alle nozioni di fisica di uno scolaro.
Essa sviluppa nell’uomo una visione diretta; quella che Schelling chiama “una realizzazione nell’individuo dell’identità fra soggetto e oggetto”; in maniera tale che sotto l’influenza e grazie alla conoscenza di hyponoia, l’uomo pensa pensieri divini, vede tutte le cose come sono in realtà, e finisce col diventare il ricettacolo dell’Anima del Mondo”, per adoperare una delle più belle espressioni di Emerson.
Io, l’imperfetto, adoro il Perfetto, che è me stesso”, egli dice nel suo superbo Saggio sulla Super- Anima. Oltre a questa psicologia o studio degli stati dell’anima, la Teosofia coltiva tutti i rami scientifici e artistici. Essa conosceva perfettamente quello che oggi chiamiamo comunemente, mesmerismo. I Teosofi respingevano la Teurgia pratica o “magia cerimoniale”, alla quale il clero 3 [Vedi Diogene Laerzio, Vite, X,123, in cui la parola greca acebes significa empio, irriverente, senza–dio, piuttosto che “ateo”; e Aristotile, Metafisica, Libro XII, pag. 1074b.] 7 Cattolico Romano è così spesso ricorso nei suoi esorcismi. Solo Giamblico, superando gli altri eclettici, aggiunse la dottrina della Teurgia alla Teosofia.
L’uomo, ignorante del vero significato dei divini simboli esoterici della natura, è soggetto a non comprendere i poteri della propria anima e ad attirare le forze oscure e malvagie che si aggirano attorno all’umanità – creazioni sinistre e tenaci dei crimini e dei vizi umani – invece di comunicare spiritualmente e mentalmente con gli esseri celesti superiori, con gli spiriti buoni (gli Dei dei teurgi della Scuola Platonica). Egli può cadere così dalla Teurgia (magia bianca) nella Goetia (magia nera o stregoneria). E tuttavia, né la magia bianca né la magia nera sono ciò che la superstizione popolare intende con questi termini.
La possibilità di “evocare gli spiriti” con la chiave di Salomone, è il colmo della superstizione e dell’ignoranza. Solo la purezza delle azioni e dei pensieri può metterci in rapporto “con gli dei” e condurci al fine che desideriamo raggiungere.
L’alchimia, che molti pensano essere stata una filosofia spirituale ed anche una scienza fisica, apparteneva agli insegnamenti della scuola teosofica. È un fatto ben conosciuto che né Zoroastro, né Budda, né Orfeo, né Pitagora, né Confucio, né Socrate, né Ammonio Sacca, hanno lasciato degli scritti. La ragione è evidente. La Teosofia è un’arma a doppio taglio, pericolosa per l’ignorante e l’egoista.
Come ogni filosofia antica ha i suoi aderenti fra i moderni ma fino ad un’epoca recente i suoi discepoli erano pochissimi e appartenevano alle sette e alle opinioni più diverse. “Interamente speculativa, senza creare una scuola, la Teosofia ha tuttavia esercitato un’influenza silenziosa sulla filosofia; e senz’alcun dubbio, verrà il momento in cui queste idee, diffuse in silenzio, imprimeranno un orientamento nuovo al pensiero umano”, osserva Kenneth R. H. Mackenzie, IX°… lui stesso mistico e Teosofo, nella sua importante opera The Royal Masonic Cyclopaedia (articoli Società Teosofica di New York, e Teosofia, pag. 731).
Dall’epoca dei filosofi del fuoco, essi non si erano mai più organizzati in società perché, braccati come bestie feroci dal clero cristiano, i Teosofi erano ancora, fino ad un secolo fa, sotto continua minaccia di pena di morte. Le statistiche dimostrano che in un periodo di 150 anni, furono bruciati in Europa per pretesa stregoneria più di 90.000 uomini e donne.
Solo in Gran Bretagna, dal 1640 al 1660, vale a dire in venti anni, 3.000 persone furono messe a morte con il pretesto che avessero fatto un patto con il “Diavolo”. E’ solo recentemente (nel 1875) che alcuni mistici e spiritualisti avanzati, non soddisfatti delle teorie e delle spiegazioni proposte dai fedeli dello Spiritismo, e trovando che esse erano lontane dal chiarire tutto il vasto campo dei fenomeni spiritici, si riunirono a New York in un’associazione che è attualmente conosciuta nel mondo intero con il nome di Società Teosofica.
Ed ora che abbiamo spiegato ciò che è la Teosofia, esporremo in un altro articolo qual’è la natura della nostra Società chiamata anche “Fratellanza Universale dell’Umanità”. H. P. Blavatsky