Magazine Maternità
Il mio post di benvenuto a questo nuovo anno è stato piuttosto... come definirlo? Autistico?
Sì, be', un po'. Vi ho raccontato il mio scoppiettante primo dell'anno, ma mi son dimenticata di augurare a tutti voi che passate di qua, tutto il bene che ordinariamente si augura ad ogni nuovo inizio.
E' solo che gli auguri oramai arrivano in tante e tanta salse che non si sa più cosa dire per non allinearsi e sembrare scontati e banali, e poi: bla bla bla, felicità, forza, coraggio, affrontare le novità di ogni nuovo giorno... Non che non ve le auguri di tutto cuore, ma quello che davvero vi auguro è di ridere a crepapelle, di ridere tanto, di riuscire sempre a trovare l'aspetto leggero della vita, e di riuscire a minimizzare, a non prendervi troppo sul serio, qualsiasi sfiga vi possa mai intercorrere, che tanto, si sa, gli auguri servono a poco, eventi storti si presenteranno all'appello, mischiati a quelli felici, e l'unica è non soffocarsi nei grugniti e versare bile, sommergersi nell'astio, consumarsi nel livore, rodersi di stizza, logorarsi di rancore e languire nell'autocommiserazione.
A questo proposito ho avuto un'idea che definire geniale sarebbe quanto meno riduttivo.
Ripensavo all'altra sera, la sera del 31, che guardavamo quella parvenza di fuochi dalla finestra, io e Gunchina, mia sorella, e riandavamo con la mente ad anni passati.
- Gunchì, ti ricordi (ah ah ah!) quel capodanno che (Ahahahahaha) siamo andate (Wahahahahaha!) a quella festa...
- Ah, sì! Che tristezza! Ahahahahahaha!
E via così, tra una risata e l'altra, a rivangare quella storia, che finché son viva, rimarrà forse uno degli episodi più esilaranti relativi ai miei capodanni.
Ma se aspettiamo ai tempi di esposizione di noi due, che, intanto, tra una frase e l'altra, non riusciamo a soffocare le risate, non si finisce più.
Ve la racconto io, come andò.
Si era, mi pare, nell'entrante 2001... ma potrei sbagliare.
Siccome, come al solito, l'ansia e l'oppressione del "dover far qualcosa" per l'ultimo dell'anno aveva iniziato a tormentarmi da settimane, assumendo la forma dei soliti sondaggi che sul far di dicembre iniziano a pioverti addosso da più e più parti, avevo infine deciso di accodarmi a mia sorella, e a una di lei amica (ma pure amica comune), che per non sputtanare qui chiamerò Alessia...
Alessia dunque, ci aveva propugnato la possibilità di imbucarci in una fantastica festa di amici suoi simpaticissimi che trovavasi un pochino fuori Roma, ma dove non riuscirei a dirvelo, ora... credo verso Albano, ma nemmeno allora mi pare che la location ci fosse troppo chiara, visto il tribolare che ci costò arrivare fin lì, nel buio pesto di una notte con pochi lumi, su di una strada provinciale a due corsie decisamente sprovvista di illuminazione.
E così ci imbarchiamo, in macchina in cinque: io, Gunchina, l'allora suo ragazzo, Alessia, e l'allora mia amica assidua M., amicizia poi naufragata.
Poiché trovare questa casa persa nella campagna romana fu un percorso lungo e accidentato, e credevamo già che avremmo trascorso la mezzanotte in quell'abitacolo, spersi in qualche dove nell'agro romano, la solerte Alessia manteneva un costante e incessante contatto telefonico con la sua amica, nell'intento disperato di guidarci fino a lei.
- Barbara, allora, siamo all'altezza di...
- Barbara, ma dove dobbiamo andare? No, quello l'abbiamo già superato da un pezzo! Ah, dobbiamo tornare indietro?
- Barbara ci siamo quasi, aspettaci all'ingresso del giardino.
- Barbara, ecco, ti vedo!
Questa Barbara trovavasi nel ruolo di fidanzata di vecchia data dell'amico organizzatore della festa, nonché amica essa stessa (un'amicizia che comprendeva l'intera coppia) della nostra navigatrice Alessia.
- Barbara, ragà, è proprio simpatica, ora vedrete... Barbara, ciaoooo!
Dice lei scendendo dall'auto e sbracciandosi per farsi vedere.
Quando infine, parcheggiati e scesi, ci infiliamo in casa, si svolge la seguente scena:
- Barbara! Come stai? Quanto tempo! Finalmente ci si rivede! Ma... ti sei tagliata i capelli?
- Ehm, no: ho cercato di dirtelo... io non sono la Barbara che hai conosciuto tu. Sono un'altra Barbara...
- Ma.. tu sei la ragazza di... (scusate, il nome di lui proprio non ricordo) Sei Barbara, no?
- Mi chiamo Barbara, ma sono UN'ALTRA Barbara...
- Ma scusa, Barbara, non ti ricordi di me? Ci siamo conosciute a...
Insomma, lei non si dava proprio per vinta.
Trasciniamo via Alessia in completo stato confusionale.
Certo che la coincidenza è stata pazzesca. Che il tipo, lì, dico, abbia avuto una di seguito all'altra due ragazze di nome Barbara, e che soprattutto non si fosse premurato di avvertire del cambio della guardia.
Questo dunque il nostro ingresso trionfale.
La situazione degenerò presto e si capì subito che era critica.
Riassumibile così: noi rinchiusi in una casa sperduta non si sa bene dove nel buio di una campagna altrimenti deserta, ospiti per equivoco di gente che nessuno conosceva, in compagnia di un'altra ventina di persone che ricordo essere tutti sulla quarantina (ma potrebbe anche darsi che la mia giovane età me li facesse vedere più vecchi di quanto in realtà non fossero), tutti affossati su una sedia o una poltrona, con qualcosa in mano da bere o mangiare, un generale clima di affettata allegria, dimessa tristezza, mutismi e silenzi imbarazzanti, nell'attesa di intavolare un maxi torneo di giochi da tavola a squadre. Impossibile scappar via prima della mezzanotte: ci siamo adeguati alla generale festosità regnante intorno a noi, abbiamo giocato a mimi e Trivial, scambiandoci occhiate eloquenti e disperate, abbiamo sorseggiato un fragolino frizzante da nausea, abbiamo atteso lo scoccar dell'ora x per uscircene in giardino a sparare quattro fuochi e buttar lì una scusa per svignarcela.
Mentre Alessia continuava a farfugliare tra sé: "Barbara? Ma come? Abbiamo parlato al telefono per ore... Io pensavo... ero sicura... Barbara..."
Non fu facile per lei riprendersi.
Ecco, io oggi, a distanza di più di 10 anni, posso dirmi felice di quella serata, perché se non l'avessi passata in quella maniera assurda, ora non avrei quell'esilarante ricordo da condividere, ridacchiando, anzi, sganasciandoci, con mia sorella Gunchina.
In effetti i ricordi migliori da rievocare in compagnia, non sono quelli delle serate perfette, delle vacanze perfette e riuscitissime, organizzate in maniera impeccabile e prive di imprevisti e situazioni paradossali, ma proprio quelli a metà tra il tragico e il comico, anche se inizialmente pare prevalga il tragico, per poi sciogliersi nella memoria nel comico puro.
Allora vi chiedo: sdrammatizziamo 'sta cosa della serata fantastica, della festa riuscita a meraviglia.
Volevo proporvi una specie di outing: avete voglia di raccontarmi il più tragicomico dei vostri capodanni?
Dai, che lo so che ce l'avete anche voi, la storiella nel cassetto.
Secondo me sono le migliori, quelle che lasciano il segno, peccato che, come il vino buono, richiedano tempo per poter essere apprezzate.
E siccome questa cosa dei giveaway secondo me dà anche un poco di assuefazione, facciamo così: lasciate un commento a questo post, o, se vi pare, scrivetene pure uno voi sull'argomento "Chi ben comincia".
Il racconto che riterrò più meritevole verrà da me premiato con un premio adeguato, che però non chiedetemi ora di rivelare, perché non lo so.
Un brindisi a chi ben comincia!
Ma anche a chi comincia male, e recupera poi.
Cin cin!
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