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CHI SEI? (1974) di Ovidio G. Assonitis e Roberto D’Ettorre Piazzoli

Creato il 11 agosto 2009 da Close2me
CHI SEI? (1974) di Ovidio G. Assonitis e Roberto D’Ettorre PiazzoliIn coppia con l’ispiratissimo Tentacoli, si parla del capolavoro assoluto del produttore e regista Assonitis, film imprescindibile per chi – ancora oggi – si ostina a liquidare il cinema di genere Italiano come copia economica di tanto cinema Americano.
"La tranquillità della vita domestica di Jessica e Robert Barrett e dei loro due bambini viene sconvolta quando Jessica comincia a comportarsi in maniera strana. ben presto ci si rende conto che la donna è posseduta dal demonio. A salvare la situazione arriva Dimitri, ex fidanzato di Jessica, che si trova in una situazione di sospensione fra la vita e la morte."
Definire esoterico e criptico Chi sei? sarebbe riduttivo: il film snoda al contrario nei suoi 109′ una visione personalissima, originale ed articolata sul tema del Maligno. Attenzione però, non una mera riproposizione di situazioni di ambito esorcistico, come molti erroneamente gli attribuiscono, ma un’analisi sull’agire e sull’oscuro manifestarsi del male in Terra (si noti come non avviene alcun esorcismo né sono tantomeno presenti figure religiose). Cast affiatato ed in parte, in particolar modo le presenze incisive di Juliet Mills, Gabriele Lavia e Richard Johnson. Figure archetipiche inserite in un crudele gioco delle parti, che non risparmia sorprese e riconosce a Satana il ruolo di marionettista assoluto (l’incipit, accompagnato dalla voce fuori campo di Sergio Graziani, la dice lunga sulla vicenda che ci si appresta ad affrontare). Completa l’operazione una cura tecnica molto al di sopra dei prodotti coevi, che veste la pellicola di un Technicolor avvero azzeccato, in cui si alternano le tinte uniformi degli esterni a profonde esplosioni di colore.
Nondimeno caratteristica del film è il montaggio subliminale di Angelo Curi (già riconoscibile e d’impatto in precedenti lavori come La morte cammina con i tacchi alti e Chi l’ha vista morire), che non disdegna soluzioni ardite come freeze frames, incredibili piani sequenza e sequenze ritmate come videoclip (seguendo quasi pedissequamente l’ottima traccia di Micalizzi "Bargain with the devil"). Un’opera che, lo si riconosca una volta per tutte, deve poco o nulla a L’esorcista di Friedkin. Lo stile c’è ed è riconoscibile, la tensione è ben diversa ed in certo senso più laica, quindi visibilmente lontana dalle atmosfere del romanzo di William Peter Blatty.
Un capolavoro senza dubbio alcuno, che conferma come l’animo dichiaratamente commerciale del grande produttore nato ad Alessandria D’Egitto potesse imprevedibilmente convivere con una natura più deliberatamente autoriale. 
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