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L’esoscheletro da thriller che ricorda – purtroppo solo sulla carta – Memories of Murder (2003) è preso da un fatto di cronaca vera che riguarda 5 bambini scomparsi su un monte, ma se l’ipotesi di fondere due registri così lontani come la commedia e le procedure investigative non viene presa in considerazione, Lee opta per una regia routinaria senza piglio distinguibile, che se unita alla sceneggiatura sull’orlo del precipizio costringono a prendere le distanze da questo film.
Anzi, direi che proprio in fase di scrittura si toccano punti bassini per almeno tre motivi:
1) Tutta la prima parte con il professore universitario nel bilancio finale risulta ininfluente, ok insinuare il possibile coinvolgimento di un padre delle vittime, e ok mostrare il brancolamento nel buio da parte delle autorità, ma a che pro? Sicuramente non del regista che dando priorità al crimine commesso non fornisce la mappa del tesoro preferendo invischiarsi in sospetti superflui.
2) Non è funzionale, poi, il lasso di tempo che intercorre tra un’indagine e l’altra. Non essendoci particolari indiziati la sensazione è che la ricerca arrivata ad un punto morto non abbia la forza per gettarsi in un twist conclusivo degno di questo nome, cosa che puntualmente accade e che mina le basi della valutazione: se un thriller non sorprende, non gabba, non gioca con lo spettatore, che gusto c’è nel vederlo?
3) Sul fatto che sia il capo poliziotto a confessare l’esistenza di un sospettato al produttore televisivo e che quest’ultimo riesca a smascherarlo (un tipo qualunque, non la polizia che lo aveva lì a portata di mano!) è meglio soprassedere, piuttosto pare a chi scrive un gesto scellerato quello di introdurre il villain al centesimo minuto dall’inizio e a trenta della fine. È un escamotage per uscire dalla stasi in cui si era incagliata l’opera, ma è anche un tiro scorretto che ferisce una narrazione tranquillamente annullabile da lì indietro. E no, il discorso della telefonata ripreso nel finale è troppo debole per incollare il puzzle.
Per la serie: anche in Corea del Sud ogni tanto un buco nell’acqua lo fanno.
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