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Chuck Hagel rappresenta il vero volto della nuova amministrazione Obama

Creato il 07 gennaio 2013 da Pfg1971

Chuck Hagel rappresenta il vero volto della nuova amministrazione Obama

Chuck Hagel rappresenta il vero volto della nuova amministrazione Obama

Dopo Leon Panetta, sembra che al Pentagono debba tornare un altro repubblicano, l’ex senatore Chuck Hagel.

 

Barack Obama ha infatti deciso di sostituire il dimissionario ex capo dello staff di Clinton con un altro membro del Gop, dopo che nel 2009, appena eletto, aveva chiesto a Robert Gates, ex ministro della difesa di George W. Bush di restare al suo posto.

 

La nomina di Hagel rientra nel rimpasto di governo che quasi ogni amministrazione compie all’inizio del secondo mandato ma che, nel caso di Obama, era quasi obbligata a causa delle inaspettate dimissioni di David Petreus da direttore della Cia.

 

La seconda amministrazione Obama sta quindi nascendo con molti nomi nuovi, soprattutto nei posti chiave della sicurezza nazionale.

 

Al posto di Hillary Clinton, il nuovo segretario di Stato, Senato permettendo, sarà l’ex senatore del Massachussets John Kerry. Chuck Hagel dovrebbe essere il nuovo titolare del Pentagono, mentre il nuovo direttore della Cia sarà John Brennan, ex agente operativo di Langley e grande estimatore dell’uso bellico di droni senza pilota.

 

Anche il ministro del Tesoro Tim Geitner è in procinto di lasciare il suo posto e il candidato più probabile alla sua sostituzione dovrebbe essere l’attuale chief of staff della Casa Bianca, equivalente del primo ministro nei sistemi parlamentari, Jack Lew.

 

Un team nuovo di zecca che pare molto più corrispondente alla vera filosofia di governo di Barack Obama, molto più delle persone gli sono state vicine nei primi quattro anni di mandato.

 

Prendiamo John Kerry. Egli è colui che ha dato ad Obama l’occasione di farsi conoscere sulla scena nazionale, permettendogli di pronunciare il keynote speech alla convention democratica di Boston del 2004.

 

È la persona più fidata, a cui Obama ha decido di affidare missioni all’estero difficili come quelle in Afghanistan con Amid Karzai o in Pakistan.

 

Kerry è anche l’uomo che ha preparato Obama ai dibattiti presidenziali contro Mitt Romney ed è quindi un uomo che il capo della Casa Bianca conosce benissimo, sa cosa vuole e come si muove.

 

Quattro anni fa, la scelta della Clinton, pur prestigiosa, non era dettata dall’intenzione di avere al dipartimento di Stato una persona in perfetta simbiosi con il presidente, adatta a far sì che Obama fosse il ministro degli esteri di sé stesso, ma voleva essere un modo per ricomporre le divisioni di un partito uscito logorato dalla lunga battaglia delle primarie del 2007-2008.

 

Lo stesso discorso vale per John Brennan. Il nuovo direttore della Cia era stato la prima scelta di Obama per quello stesso incarico già nel 2009.

 

Principale consigliere per la sicurezza di Obama, durante la campagna elettorale del 2008, e quindi perfetto interprete delle scelte di intelligence del futuro presidente, Brennan aveva dovuto ritirare la sua candidatura a favore di Leon Panetta.

 

Il motivo?  Perché avrebbe avuto vita dura nelle udienze di conferma al Senato per il suo sostegno alle tattiche di tortura usate dall’amministrazione Bush per far confessare i sospetti terroristi di Al Qaeda.

 

Anche la nomina di Hagel risponde alle stesse logiche seguite da Obama con Kerry e Brennan.

 

Anche l’ex senatore pare essere l’uomo in grado di rappresentare al meglio al Pentagono il vero volto dell’amministrazione Obama.

 

Ex veterano del Vietnam, fuori dalle logiche più comuni, molto indipendente nelle sue scelte, spesso soggette a critiche sia da destra, sia da sinistra, Hagel, pur avendo votato a favore della guerra contro l’Iraq, nel 2002, negli anni successivi, era diventato uno dei critici più accesi alle guerre di Bush, proprio come Obama.

 

Non solo, Hagel, in passato, ha espresso varia critiche alla “Israel Lobby”, un gruppo di pressione diretta espressione degli ebrei e di Israele, in grado di influenzare molte scelte di politica estera di Washington nei confronti del conflitto arabo-israeliano.

 

Anche Obama, prima di assumere la presidenza non ha mai avuto un grande feeling con i rappresentanti di quel gruppo di pressione e, anche da presidente, ha sempre cercato di restare equidistante dalle posizioni sia di Tel Aviv, sia dei palestinesi.

 

Infine, Chuck Hagel, in ossequio alle sue posizioni aperte e non ideologiche, ha spesso sostenuto la necessità che gli Usa non potessero evitare di negoziare con Hamas se davvero volevano porre fine al conflitto palestinese.

 

Le medesime conclusioni dovrebbero essere seguite con l’Iran.

 

Esattamente le stesse idee di Obama nella campagna nel 2008 e che per vari motivi, primo fra tutti la necessità della rielezione, nei primi quattro anni di mandato, il presidente aveva dovuto accantonare.

 

Certo, a definire la politica estera non sarà Hagel, ma Kerry, tuttavia, le sue idee non potranno non influenzare le scelte statunitensi verso l’Iran e la necessità non più rinviabile di aprire un canale di dialogo con Teheran.   

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