Un altro grande scrittore se n’é andato. Lo scorso 5 giugno è venuto a mancare, all’ età di novantadue anni, Ray Bradbury.
Lo scrittore nordamericano ha certamente segnato in maniera indelebile il mondo della letteratura con la genialità dei suoi racconti e romanzi.
Qualcuno ha creato per la sua scrittura l’etichetta di fantascienza sociologica, perché Ray Bradbury, attraverso essa, intendeva mettere a nudo i segreti che si celano nella società contemporanea.
Fu autore di oltre trenta libri divenuti leggendari, seicento racconti, decine di testi teatrali e riadattamenti cinematografici.
“Non ha mai avuto paura delle cose sconosciute, non ha mai temuto il diverso, il nuovo, l’inatteso”.
Non amava molto internet e, soprattutto, i libri elettronici. Ma é comprensibile in un uomo che, pur intelligintissimo, aveva quasi novantadue.
Egli era nato infatti nell’Illinois nel 1920. Da giovanissimo si era però trasferito nella più ricca california in cerca di fortuna ma anche per sfuggire la morsa della grande depressione che nel 1929 era scoppiata negli USA, estendendosi poi in tutto il mondo c.d. civilizzato.
Quello che mi colpisce sempre, parlando o scrivendo di scrittori americani é che da giovani, per pagarsi gli studi o per sbarcare il lunario, vendevano i loro racconti a riviste specializzate. Una gran cosa! Considerando che in Italia, a certe riviste, se non sei un figlio di X, o del partito o movimento YZ, o della bottega dell’integhillenzia K, non ci arrivi mai.
Il suo più grande capolavoro é del 1953 e si intitola Fahrenheit 451.
Dal romanzo é stato tratto un celebre film diretto da François Truffaut nel 1966.
L’ambientazione è quella di un ipotetico futuro in cui leggere libri è reato e l’unica forma di informazione e istruzione possibile è la televisione, attraverso la quale il governo controlla l’etica e decide cosa è giusto e cosa sbagliato.
Per contrastare il reato di lettura è stato istituito un corpo speciale, i “bruciatori di libri” con il compito di trovare i libri clandestini e, appunto, bruciarli (che visione, ragazzi! a me ricorda certi fanatici e zelanti barbuti, o anche dei pedanti funzionari cinesi e comunisti, che oggi (come ieri) bruciano i libri che non riportano la dottrina ritenuta assoluta e veritiera.
C’è chi crede che questo capolavoro volesse essere un richiamo al periodo dei roghi nazzisti dei libri, o ancora un velato tentativo di mostrare la società odierna dei consumi di massa e dei media capaci di plasmare le coscienze.
Ma c’è ancora un’altra ipotesi: gli anni 50 negli Usa furono un decennio molto particolare. Il senatore McCarthy, in carica per dieci anni, creò scompiglio tra politici e non solo, addirittura attori, ossessionato dalla sua tendenza anticomunista. In quegli anni, persone di varia estrazione vennero accusate di essere spie sovietiche o simpatizzanti comunisti e furono oggetto d’indagini e accuse riguardanti le loro opinioni e la loro adesione a movimenti. Furono riservati a queste persone trattamenti poco democratici.
E in effetti Bradbury avvalora questa ipotesi con le sue parole: “Lavorai a Fahrenheit 451 mentre Joseph McCarthy stava facendo vivere un brutto periodo a molta gente e la sua commissione non lavorava davvero secondo i dettami della nostra democrazia. Visto che avevo bisogno di soldi pensai di vendere il racconto a qualche rivista, ma tutti avevano paura di pubblicarla per timore di finire sotto accusa”.
Nell’opera diversi critici trovarono analogie con Orwell (1984) e Huxley (Il mondo nuovo).
Le analogie ci stanno tutte, anche se gli stili di scrittura sono alquanto diversi.
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http://www.scrivendovolo.it/web/2012/06/15/tributo-a-ray-bradbury-di-martina-bortolotti/