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Il cinema ha spesso utilizzato il jazz e i suoi protagonisti ai propri fini. Basti pensare al film d'esordio del cinema sonoro The Jazz Singer (1927), che tuttavia col jazz aveva poco a che fare. Per almeno 30 anni, salvo qualche breve filmato come Black and Tan Fantasy (1929) di Dudley Murphy, Symphony in Black (1935) di Fred Waller e Jammin' the Blues (1944) di Gjon Mili sui quali mi sono già soffermato in queste pagine, si sono viste biografie romanzate di jazzisti come: FivePennies (su Red Nichols), The Benny Goodman Story, The Glenn Miller Story, ecc., oppure films con al partecipazione a diverso titolo di musicisti singoli, di gruppi o di orchestre come: Cabin in the Sky, New Orleans (in italiano La città del Jazz), Stormy Weather, A Song is Born (in italiano Venere e il professore), ecc., o ancora films con colonne sonore scritte da jazzisti come: Anathomy of a Murder (Anatomia di un Omicidio), scritta da Duke Ellington, The Man with the Golden Arm (L'Uomo dal Braccio d'Oro), scritta da Elmer Bernstein, o Ascenseur pour l'Éschafaud (Ascensore per il Patibolo) scritta da Miles Davis, ecc, solo per ricordare i più noti. Tutti films che usavano il jazz e i suoi protagonisti, ma non erano “sul jazz”5o anni fa, finalmente, nell'estate del 1958, il regista statunitense Bern Stein realizzò un film-documentario: Jazz in a Summer's Day sul Festival del Jazz di Newport di quell'anno, l'evento jazzistico per antonomasia in quegli anni. In esso sono magistralmente descritte le atmosfere che circondavano quell'evento, con un approccio diverso dal documentario puramente cronistico, aggirandosi fra le prove pre-concerto, vagando in città per documentare esibizioni on the road con sullo sfondo le prove dell'America's Cup di vela, in corso in quei giorni. Poi la cinepresa si aggira fra la folla che assiepava le tribune all'aperto e l'area sottostante il palco, per farci vivere l'entusiasmo degli spettatori e per presentarci alcuni dei momenti più significativi della rassegna che vedeva fra i protagonisti il meglio del jazz, del blues e del gospel di quel periodo (Louis Armstrong, Gerry Mulligan, Thelonouis Monk, Chico Hamilton, Jimmy Giuffre, Anita O'Day, Dinah Washington, Mahalia Jackson, e molti altri). Se non è stato “the definitive jazz-film” come scrisse qualche critico all'epoca è certamente un film che tutti coloro che amano il jazz dovrebbero vedere.Una prima idea della particolarità di questo film si può avere da un estratto della parte pomeridiana che ha per protagonista una splendida, elegantissima Anita O'Day. Lo spettacolo vero, comunque, è in platea, col pubblico che partecipa con entusiasmo a questa straordinaria performance.
Un altro estratto pomeridiano significativo dal punto di vista filmico è quello del trio di Thelonious Monk, con Henry Grimes al basso e Roy Haynes alla batteria, in cui le immagini dell'America's Cup si sovrappongono alle note di Blue Monk
Fra gli spettatori di questo concerto si vede di sfuggita Gerry Mulligan che sarà uno dei protagonisti della parte serale con il suo nuovo quartetto con Art Farmer alla tromba in un vibrante As Catch Can.
La prevalente presenza giovanile in platea, con non poche belle fanciulle, mi fa ricordare come allora Gerry Mulligan fosse un divo apprezzatissimo dai giovani. I suoi brani si vendevano, anche in Italia, come le canzoni di moda. Fra i miei vecchi dischi conservo diversi di quei 45 giri.
Un'altra esibizione gustosa di quella sera fu quella di Dinah Washington, in un vivacissimo All of Me, accompagnata, fra gli altri, da Terry Gibbs al vibrafono, da Bob Brookmeyer al trombone e da un giovane Max Roach alla batteria. Notare come la cinepresa si sofferma sulla spilla gioiello della cantante posta con disinvoltura in posizione “strategica”.
La serata si concluse con l'esibizione degli All Stars di Louis Armstrong comprendente uno dei loro brani storici: Rockin' Chair in cui il leader duetta con la sua spalla Jack Teagarden
Quando io vidi per la prima volta questo film avevo una ventina d'anni, ero un giovane studente, ai primi approcci con il jazz e ne rimasi particolarmente affascinato. L'idea di potersi avvicinare al jazz non solo con le esibizioni dal vivo (allora rare e costose) e con i dischi, ma anche con filmati, mi intrigò fin dall'inizio, anche se all'epoca esisteva solo il cinema ed i film del genere erano rarissimi. Per decenni quell'idea rimase solo un auspicio poi, con l'avvento della videoregistrazione, tutto divenne gradualmente più facile, e quella mia idea divenne un obiettivo da perseguire, nei limiti delle mie possibilità, portandomi a realizzare una discreta raccolta di filmati d'epoca, di registrazioni di concerti, di video, di film che ormai da tempo costituiscono una delle fonti per questo blog.
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