Le odi di Giorgio (Marco Travaglio)
Mentre un’apposita commissione capitanata dal presidente dell’Istat e composta “anche da quattro accademici”, dopo sei mesi di duro lavoro, rivela agli italiani quel che sanno da sempre, e cioè che i nostri politici guadagnano molto più dei loro colleghi del resto d’Europa, il quotidiano la Repubblica informa: “Napolitano va al cinema e paga il biglietto… A Napoli per qualche giorno di riposo, ha assistito insieme alla moglie Clio alla proiezione del film di Clooney Le idi di marzo. Il capo dello Stato è andato personalmente al botteghino per fare i biglietti. All’uscita è stato applaudito al grido di ‘Viva il presidente’ e ‘Bentornato a Napoli’”. Ora, ci riempie il cuore di gioia la notizia che almeno un politico italiano, anziché sbeffeggiato dalla folla inferocita, viene salutato con simpatia. E soprattutto che al cinema paga il biglietto. Ma, se un gesto assolutamente normale “fa notizia”, vuol dire che non siamo un paese normale. Nei paesi normali, quelli dove il premier Cameron va in bicicletta e il suo predecessore Brown prendeva la metro (pagando regolarmente il ticket), o dove la cancelliera Merkel fa la spesa al supermercato (e, giunta alla cassa, paga regolarmente il conto), sarebbe una notizia se il presidente irrompesse in un cinema col mitra spianato e si facesse largo fra la folla e le maschere per entrare gratis in sala, magari scippando i posti migliori a chi ha osato occuparli. È questo che si aspettano gli italiani da un politico? Nel 2002 il capogruppo forzista Renato Schifani vinse il Tapiro d’oro di Striscia la notizia per aver tentato di entrare gratis al cinema Aurora di Palermo sventolando una tessera scaduta dell’Agis (ogni parlamentare ne ha una). La polizia provvide poi a identificare la maschera che s’era azzardata a opporre resistenza. Quattro anni dopo, il suo ufficio stampa pensò bene di diramare un comunicato per segnalare alla Nazione un atto di estremo coraggio dell’eroico senatore: “In vacanza alle Eolie, Renato Schifani ha dovuto aspettare per un’ora di fila che si liberasse un tavolo in un ristorante. E ha pazientemente atteso il proprio turno, senza sollevare alcuna obiezione né pretendere un trattamento di favore”. Evidentemente Schifani, conoscendosi, si era molto meravigliato e congratulato con se stesso per aver resistito alla tentazione di prendere a calci in culo gli avventori che si permettevano di occupare i tavoli lasciando in attesa uno statista di chiara fama, anzi fame. Napolitano non è Schifani (anche se siede appena un gradino sopra di lui). Infatti si è ben guardato dal far diramare comunicati esaltanti il suo nobile gesto di pagare il biglietto. Ma il guaio non è Napolitano (come non lo è Monti, altro destinatario di sviolinate e salamelecchi non richiesti): sono certi giornalisti che, nel vederlo pagare il biglietto, arrotano la boccuccia a cul di gallina e prorompono in gridolini estasiati, come dinanzi alla liquefazione del sangue di San Gennaro. Miracolo! Il Presidente paga il biglietto! Ecco la cronaca del Mattino sull’arrivo della coppia presidenziale, tutto il biglietto minuto per minuto: “A vederli da lontano, mentre percorrono il cuore di Chiaia, sembrano una coppia qualsiasi”. Incredibile: Clio e Giorgio camminano sulle gambe, hanno un naso, una bocca, due occhi e due orecchie, proprio come noi. “Alla cassa il capo dello Stato estrae il portafogli (anche lui ne ha uno, ndr) dal soprabito blu e compra personalmente i biglietti”. Personalmente, capito? Chi pensava che egli sia solito ingaggiare un passante a caso che compri i biglietti al posto suo è rimasto deluso: fa tutto da solo. “In sala la coppia si accomoda in poltrona tra una cinquantina dispettatori che rispettano la riservatezza senza avvicinarsi né rivolgere domande”. Vorranno forse vedersi il film in santa pace? Macché, “rispettano lariser vatezza”. “Addirittura una persona si sposta per lasciare più sedili liberi accanto al capo dello Stato”. Forse l’ingenuo spettatore pensava che un capo dello Stato possegga più deretani di una persona normale. Invece Napolitano ne ha, sobriamente, uno solo.