Prima lettura: sorvoli con leggerezza la pagina iniziale e la accantoni. Poi ti trovi nella testa del signor Sim, nei suoi pensieri e nei suoi ragionamenti. A volte irritante, da tanto è rovinoso il suo passaggio nelle giornate, a volte simpatico e da compassionare per quanto riesce a dire cose che qualche volta sono passate anche nella tua testa, ti trascina su e giù per il paese, per il mondo e attraverso una serie di decisioni che (forse) non dovrebbe prendere. O forse sì. A volte pare il più classico dei Charlie Brown (tira-e-molla), a volte è noioso come Lucy quando fa le sue prediche, e a un certo punto, a tre quarti, ti sorprendi a girare le pagine alle svelta, come davanti a un libro che vuoi, soprattutto, finire in fretta, anche a costo di saltare qualche pagina. Magari invece ti accorgi che hai solo fretta di vedere come va a finire la storia e le storie. Vuoi semplicemente sapere che cosa succederà, se gli andrà bene o male, cose banali, così. Tra zig zag e cambi di fronte improvvisi (scorri una pagina e poi scopri che hai letto una cosa diversa da quello che credevi), il libro si fa leggere, è sufficientemente complesso e complicato da occupare pienamente il tempo che gli dedichi e, se non raggiunge la pienezza di una Casa del sonno, certo è un libro che ti fa pensare: Coe è tornato e sta bene.
Curioso che, in tutto questo trascorso tra lettura e recensione, io abbia completamente accantonato, dimenticandoli, tutti i risvolti economici, sociali, globali, lavorativi, reali che scivolano dentro la storia (oh, com’è vero) ma non la incidono più di tanto (oddio, me li sono già scordati). Ultimo capitolo che molti troveranno inutile o persino antipatico ma che io ho trovato delizioso, un gioco d’autore che deve aver divertito Coe prima di me. Piacevole.
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