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Col righello e la matita

Da Marcofre

Quando ci riesco (il tempo è poco), prendo il righello, la matita, stampo qualche pagina dei dieci racconti da revisionare, e li rileggo. Dopo questa fase ce ne sarà probabilmente ancora una. O due?

Quando si scrive, ciascuno cerca il metodo di lavoro che preferisce, quello che sembra più efficace. È uno dei tanti mezzi per trovare la propria voce; gli “utensili” devono essere su misura del nostro modo di scrivere/riscrivere. Sino a ora ho sempre rispettato quello che mi ero prefisso: rilettura con la segnalazione di quello che non andava (refusi; ripetizioni; periodi poco chiari; correzioni: soprattutto l’ascia). Quindi lasciare trascorrere un po’ di tempo (il tempo è fondamentale).

Poi, si riscrive il racconto con le segnalazioni, si guarda come migliorano (o peggiorano?) la scrittura. Infine (in realtà non è finita per niente), provo questo metodo.

Stampo le pagine, prendo il righello, e la matita e rileggo riga dopo riga. Mi sembra utile. C’è una differente distanza rispetto allo schermo del computer. È esattamente quello che serve. Non è e non sarà mai come l’occhio di un estraneo (io ho un estraneo, è una bella fortuna, ebbene sì). Però consiglio di provare.

Soprattutto, non bisogna mai essere certi di qualcosa, ed è bene sottomettere la propria opera a più di una revisione. Al di là della retorica che circonda la scrittura, là fuori c’è un mucchio di gente pronta a spezzare le ossa. Un po’ per cattiveria, un po’ perché è così che si emerge. Solo chi ha talento ha anche lo scheletro abbastanza robusto da resistere.

 

Col righello e la matita


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