Gli uomini delle squadre mobili di Foggia e Bari e dello Sco della Polizia hanno eseguito 18 misure cautelari nei confronti di esponenti di vertice del clan Pacilli-Li Bergolis, operante nel Gargano, accusati, a vario titolo, di favoreggiamento personale, estorsione e detenzione di armi aggravati dalle finalità mafiose.
Tra gli arrestati anche un militare. Secondo quanto si apprende si tratta di un maresciallo dell'Esercito in servizio presso il X reggimento Artiglieria di Foggia. Il maresciallo, secondo quanto ricostruito nel corso delle indagini, faceva parte della filiera di collegamento del clan con il boss Giuseppe Pacilli, quando quest'ultimo era latitante.
Le indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale Antimafia di Bari, hanno consentito di ricostruire l'intera struttura criminale del clan, operativo in particolare nei comuni di Monte Sant'Angelo e Manfredonia ma con la capacità di intervento in tutta l'area garganica. Il clan Pacilli-Li Bergolis colpito dall'operazione della polizia continuava a gestire il settore delle estorsioni nell'intera area garganica.
Si è infatti appurato che in particolare gli esponenti dell'organizzazione attuavano una pressione estorsiva molto forte nei confronti di imprenditori edili e commercianti attivi tra Monte Sant'Angelo, Manfredonia e San Giovanni Rotondo, 3 dei quali hanno denunciato i fatti subiti.
L’apposito gruppo investigativo costituito da appartenenti alle squadre mobili di Bari e Foggia oltre ad elementi dello Sco ha inoltre consentito di portare alla luce l'intera filiera dei favoreggiatori di Giuseppe Pacilli, il boss salito al vertice del clan, arrestato a maggio dello scorso anno proprio a Monte Sant'Angelo e inserito nell'elenco dei latitanti di massima pericolosità del Viminale.
Il clan negli ultimi anni è stato protagonista di una violenta lotta di mafia con il clan rivale, quello dei Romito, un tempo alleato. Guerra che ha portato ad alcuni omicidi “eccellenti” dei boss dei due clan rivali: nell'aprile del 2009 è stato infatti assassinato Franco Romito, nell'ottobre successivo è toccato a Francesco Li Bergolis.
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