Magazine Diario personale
Punto 1. Portarle via il figlio di 4 anni malato con febbre alta e fare in modo che non lo possa vedere per qualche giorno.
Punto 2. Somministrare ai suoi figli cibo-spazzatura ogni giorno. Argomentare che le eccezioni sono permesse anche se un'eccezione ricorrente equivale ad una regola!
Punto 3. Comprare giocattoli inutili e acquistare compulsivamente per sopperire alle proprie carenze affettive.
Punto 4. Proporre costantemente la televisione come mezzo di distrazione e di stordimento. Fare in modo che possa essere netta la differenza con la mamma che, invece, ha scelto consapevolmente di non possedere un apparecchio televisivo.
Punto 5. Trasmettere materialismo e attaccamento al denaro, pur non contribuendo con una lira alla sopravvivenza dell'altro genitore.
Punto 6. Fingere gioia costante, come se il dolore e la tristezza non facessero parte di questa vita. Allontanare i sentimenti negativi perchè da loro non potrà arrivare niente di buono, peccato che questi sentimenti negativi prima o poi arriveranno comunque!
Potrei continuare all'infinito ma mi fermo.
Se faccio l'elenco delle attitudini quotidiane del papà dei miei figli mi vengono tanti dubbi e mi chiedo come io abbia mai potuto sceglierlo per riprodurmi biologicamente.
Ma, anche se mi astraggo da cotanta radicalizzazione, resta il turbamento per tutte queste profonde differenze.
Faccio una fatica immensa a mediare costantemente e trovare un punto d'equilibrio per il bene dei figli, anche lì dove un punto d'equilibrio proprio non regge.
Non regge il mio costante legittimare e valorizzare il papà.
Non regge la mia responsabilità e la mia stanchezza in confronto alla sua leggerezza e comodità.
Non regge il mio sereno ottimismo in confronto al suo patologico "perbenismo".
Non regge la sua finta generosità in contrapposizione alla mia autentica sobrietà.
Non reggo io pensando che con quest'uomo dovrò 'bene o male' confrontarmi per il resto della mia vita.
E così decido di arrendermi.
Mi arrendo al suo esserci.
Mi arrendo al suo essere parte di questa storia.
Mi arrendo al fatto che i figli sono come dei "semi buttati in un campo di grano", facciamo di tutto per farli crescere sani e forti senza contare che anche il clima, le stagioni e le erbacce intorno contribuiranno al loro sviluppo.
Mi arrendo: NON POSSIAMO CONTROLLARE TUTTO!
E allora inizio a sentire il rispetto.
Rispetto per quello che siamo stati e per il ruolo che lui ricopre.
Rispetto perché i miei figli hanno bisogno di lui e, quindi, io ho bisogno di lui.
Rispetto perché lui ama i nostri figli e si dedica a loro e, anche se a me può sembrare poco, lui fa il meglio di quello che può.
Non è un rispetto dettato da congiunture mentali di pura convenienza, è un rispetto più primitivo, un rispetto che nasce dal fatto che lui ha il suo ruolo in questo universo familiare e io sento di volerlo riconoscere con tutta me stessa.
Del resto la vita di noi genitori separati è fatta di piccole fatiche e distanze, compromessi e difficoltà con cui dobbiamo imparare a convivere. Mi consola il fatto che, alla fine, anche i genitori non separati si trovano a combattere contro le stesse avversità.
Con questa consapevolezza tutto cambia, cambiano le prospettive e le aspettative e arriva di colpo il pensiero positivo, quel pensiero che, da qualsiasi angolazione tu provi a formularlo, è li a ricordarti che, nonostante tutto, a te "non manca proprio niente" per vivere con serenità e dignità.
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