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Come scrivere in maniera zen

Da Marcofre

In realtà il titolo esatto di questo post dovrebbe essere:

Come scrivere in maniera sobria.

Però a quanto pare la moda di definire tutte le cose semplici, sobrie appunto, con il termine “zen” finisce per contagiare tutti. O quasi.

La sobrietà ha a che fare con l’impegno e l’amore per la parola. Ti rendi conto che è abusata, ce n’è troppa in giro e viene usata per nascondere, invece che per svelare. Il primo passo dovrebbe essere questo: la consapevolezza che stai per imbarcarti in un’avventura che il buonsenso ti sussurrerà essere folle. Ma per i motivi più strani, decidi di persistere.

C’è una sorta di (udite udite) giustizia da ripristinare. E decidi che la tua battaglia sarà quella. Diventa inutile prevedere come finirà, anche se intuisci che la sconfitta sarà probabilmente il destino che ti attende.
Fa nulla.

E in seguito? Prima di continuare, non è detto che chi si batte per la parola, debba scrivere. Qui entrano in gioco così tanti fattori, in buona parte non dipendenti dalla nostra volontà (talento, fortuna), che forse è meglio NON scrivere. Il buon leggere, il buon pensare sono qualità rare, o rarissime, ma apprezzate; e forse possono bastare.

Un altro passo verso una scrittura sobria, è il lettore. No, non bisogna scrivere per far piacere a lui, e nemmeno per proporgli quello che vuole; anche perché di solito non lo sa nemmeno lui.
Quando parlo di lettore penso (sono banale, e me ne scuso), a qualcosa fatto di carne e sangue. E per farsi intendere da costui (o costei), devi proporre qualcosa della stessa natura. Carne e sangue.

Se leggi davvero i grandi autori, ti renderai conto che l’effetto delle loro pagine non è mai qualcosa di soltanto “intellettuale”. Raskolnikov, il protagonista di “Delitto e Castigo” in un certo senso non fa altro che pensare. Combina dell’altro certo, ma nelle pagine del romanzo quello abbiamo. Eppure c’è tutta la carnalità del pensiero, perché il pensiero può essere carne, e pesare come un macigno.

Quando l’autore è bravo, sulla pagina il personaggio emerge, assume spessore, respiro e vita. Carne e sangue appunto. Anche con Carver accade qualcosa del genere, ma la sua capacità è tale che anche un dettaglio della stanza, o la luce, entrano a far parte di questo spettacolo vivo e potente.

C’è dell’altro? Quello che dicono gli scrittori: sudare. Non è nobile, e soprattutto si distacca dall’idea romantica dello scrittore che sospira, e scrive, lo so bene. Non c’è niente da sospirare, ma solo tanto da rileggere, rivedere, revisionare, eliminare. Leggere tanto, e poi esercitarsi, la soprattutto smontare i racconti altrui, leggerli con cura maniacale, aiuta a arrivare all’obiettivo.

Una parola potente e sobria. Capace di muovere, di smuovere. Il resto è bla bla bla.


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