da qui
Il calice era già sull’altare, vicino alle ampolline di acqua e vino. Il purificatoio, la patena e la palla coprivano la parte superiore, come sempre.
- Che caldo insopportabile! Ma non potrebbero togliermi qualcosa dalla testa?
Le ampolline si stupirono di sentirlo parlare: erano educate al silenzio assoluto, prima della messa.
- E cosa potrebbero toglierle? Comunque lei deve dare il buon esempio: è l’oggetto più prezioso.
- Si fa presto a dire prezioso: io sono uno come gli altri.
- Non è vero: ha il privilegio della transustanziazione. Noi ampollline siamo servitrici senza grilli per la testa.
- Anch’io sono solo uno strumento. Non avete mai pensato che potrei andarmene in un pub, a godermi un po’ di quella birra gelata che ti rapisce al terzo cielo?
- Se la sente il parroco, la chiude nella custodia e la lascia lì per sempre.
- Il parroco e il prefetto, quando possono, vanno al pub, il lunedì: potrebbero portarmi con loro, qualche volta.
- Ma che dice? Lei confonde la sfera ludica e la sfera religiosa.
- Il fatto è che, ogni tanto, ci vorrebbe un po’ di sana laicità: fare esperienze, conoscere persone…
- Conosce Nanni Moretti? E’ lui che parla in questo modo.
- Nanni Moretti ha girato un film su un papa: potrei farmi invitare a casa sua. Dirò di più: non siamo affatto estranei, da quando uscì il suo film La messa è finita.
- Ecco, il titolo la dice lunga: non vedeva l’ora che finisse.
- Come mai siete così bigotte voi ampolline? Non avete mai pensato a ribellarvi?
- La libertà va bene esercitata. Pensi se cominciassero tutti a lamentarsi: il messale, per esempio.
- Come, come? Non tiratemi in ballo, per favore. Devo ripetere le stesse litanie ogni santo giorno. Potrei decider anch’io di andarmene un po’ a spasso, per esempio in biblioteca.
- Sai che goduria! Il calice si stava spazientendo. Comunque, io ho sempre il vantaggio della processione offertoriale: mi portano a passeggio come il re di Francia.
- Lo vedi, di che ti lamenti? Anche noi godiamo dello stesso privilegio. Il messale è il più sfortunato, in questo senso.
- Sentite, lasciatemi perdere o vi leggerò le imprecazioni del venerdì santo, dalla prima all’ultima.
- Per carità! Peggio delle esequie! fece il calice.
- Ma che dite, sciagurati!, esclamarono le ampolle. Sono così belle le parole del lamento: Popolo mio, che male t’ho fatto, in cosa ti ho provocato?
- Hai ragione, convenne il messale. In fondo, poteva andarci peggio: qui c’è brava gente, al pub ci può scappare il morto, con tutto quello che tracannano.
- Anche qui il morto c’è scappato, il calice parlava a voce bassa, quasi tra sé e sé. L’ha scelto lui, per trasmettere la vita, e ha insegnato a fare altrettanto in sua memoria, senza lamentarsi.
- Proprio quello che facciamo noi! disse il messale, sorridendo sotto i segnalini.
- Si fa sempre in tempo a imparare la lezione, sentenziarono a una voce le ampolline.
- E va bene, rinuncio al pub per amore della gente che sta entrando e del parroco che si sta preparando in sacrestia, concluse il calice, non senza una punta ironia.
Don Pino uscì, ancora in clergyman, per controllare che tutto fosse a posto. Il calice era già sull’altare, vicino alle ampolline di acqua e vino. Il purificatoio, la patena e la palla coprivano la parte superiore, come sempre.