
Quasi tutte le università italiane hanno un corso di studi in Archeologia, molte volte solo con differenze nominali: la classe è la L-1 per la triennale e la LM-2 per la magistrale. Una volta finito il percorso universitario, che dura cinque anni (3+2), esistono due possibilità per proseguire gli studi: frequentare una Scuola di Specializzazione, che rilascia un diploma e dura 2 anni, ed una Scuola di Dottorato, che dura un anno in più ed in teoria permette di proseguire nella carriera universitaria.
In realtà la Scuola è una specie di corso di laurea specializzato un po' antiquato. Prima della riforma del 2001 infatti ci si laureava in Lettere con una tesi in Archeologia e, per chi volesse proseguire come archeologo, si completavano gli studi con la specializzazione. La vera discriminante resta comunque il vile danaro: in entrambi i casi, e in tutte le università, sono previste borse di studio che garantiscono una certa serenità finanziaria. Quelle di dottorato, stabilite dalla legge, sono le più ambite per il semplice fatto che corrispondono ad un (magro) stipendio: 1.035,27 euro al mese, al netto delle tasse. Inoltre gli anni di dottorato vengono quantificati nel calcolo della pensione

Chi perde il senno, o non rinuncia al noiosissimo posto fisso, può tentare i concorsi del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Per dovere di cronaca bisogna ricordare che l'ultimo conosciuto risale al 2008 (il precedente era del 1995), prevedeva 30 posti da archeologo in regioni ben precise e - oltre alla tipica trafila dei concorsoni nazionali - vi basti pensare che ad oggi, cinque anni dopo, i vincitori non sono stati ancora assunti.
Questa è una breve, incompleta panoramica del mercato del lavoro che attende un laureato, specializzato o dottorato in Archeologia nel nostro paese. La passione può essere tanta, ma va considerata con lucidità la prospettiva di un lavoro futuro.