Item promittimus, vovemus et iuramus, quicumque nostrum, Deo sic disponente, Romanus Pontifex erit electus, eum munus Petrinum Pastoris Ecclesiae universae fideliter exsecuturum esse atque spiritualia et temporalia iura libertatemque Sanctae Sedis integre ac strenue asserere atque tueri numquam esse destiturum.
Nei secoli quasi ogni papa ha regolato l’elezione del successore: sono atti che appartengono ad una logica antica del governo ecclesiastico, aduso a manifestare ossequio per le leggi vigenti ripromulgandole con minime varianti.
Seppur il vescovo che abbia compiuto i settantacinque anni di età è invitato a presentare la rinuncia all’ufficio, al Vescovo di Roma il canone 401 non è stato mai applicato1: perciò al conclave2 si arriva con la morte, e raramente con la rinuncia, del Papa.
Infatti, ha fatto discutere molto la renuntiatio pontificalis di Benedetto XVI: essa, pur essendo disciplinata dal diritto canonico3, è cosa storicamente inusuale – verificati solo sei4 casi certi – e teologicamente inammissibile – secondo esperti e studi –; oltre ad aver dato notevole voce ai media, alla pressione quindi dell’opinione pubblica, immediatamente smorzata dalla Segreteria di Stato.
Dopo il rito del vere Papa mortuus est5 – in caso di morte –, il Camerlengo provvede ad annullare6 l’anello del pescatore, appone i sigilli agli alloggi papali – e ne comunica il decesso.
Così, quando il trono di San Pietro resta vuoto, si apre la Apostolica Sedes vacans: decade la Curia e l’Ufficio della Segretaria di Stato, allora, i diritti temporali passano alla Camera Apostolica, al cui vertice vi è il Camerlengo appunto. Dopo la morte, il novendiale, ovvero i nove giorni di lutto, garantirà l’arrivo dei cardinali: un secolo fa un periodo insufficiente a raggiungere in tempo Roma, oggi più che idoneo – sicché il motu proprio Normas Nonnullas concede al Collegio la facoltà di anticipare l’inizio del Conclave se consta della presenza di tutti i cardinali elettori.
Pur essendo severissime le norme nel proibire i contatti tra elettori, comunque alcune mozioni riescono a circolare nelle delicate riunioni preparatorie: momento in cui anche i cardinali esclusi dal conclave possono esercitare una loro influenza e, al contempo, emergeranno i pochi grandi elettori (capaci di interpretare e guidare l’assemblea). Va però anticipato che il diritto di voto passivo è posseduto da tutti i battezzati nella Chiesa Cattolica o in essa accolti, di sesso maschile, non sposati7.
Il concistoro senza papa si trasformerà dunque in conclave con il limite fissato a 120 da Paolo VI, l’esclusione dei cardinali ultraottantenni e l’invalidità delle procedure per acclamazione8 e compromesso9. Nominati10 nei precedenti pontificati, i cardinali elettori, trascorsi però, al massimo, venti giorni dall’inizio della Sede Vacante, dovranno recarsi nella Cappella Sistina, accompagnati esclusivamente dai componenti della Camera Apostolica.
Un volta prestato giuramento, il Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie pronuncia la formula extra omnes e così le porte chiuse a chiave. Verranno estratti a sorte tre scrutatori, tre revisori e tre infirmarii (addetti a raccogliere i voti degli infermi e malati). Gli scrutini si svolgeranno sia di mattina sia di pomeriggio, per un totale di quattro a giornata (uno solo al primo giorno). Ad ogni cardinale viene distribuita non solo la scheda elettorale ma anche un foglio con tutti i nomi dei porporati, al termine della votazione entrambe verranno riconsegnate e bruciate nella stufa di ghisa; essi, uno alla volta, si recheranno verso l’altare tenendo alzata la mano con la scheda, e ad alta voce pronunceranno: chiamo a testimone Cristo Signore, il quale mi giudicherà, che il mio voto è dato a colui che, secondo Dio, ritengo debba essere eletto.
Il primo scrutatore, agitata l’urna, estrae una scheda alla volta, la apre, osserva il nome, e la passa al secondo scrutatore che, accertato a sua volta il nome, la passa al terzo, il quale legge il nome a voce alta e intellegibile, la mostra a tutti i presenti e prima di deporla nella terza urna (la seconda raccoglie le schede degli infermi e malati) ne applica un foro e la inserisce con le altre in un filo. Se nessuno ha raggiunto almeno i due terzi dei voti in quella votazione, il Papa non è stato eletto, e dal 35esimo soltanto i due nomi che nel precedente scrutinio avevano ottenuto il maggior numero di voti, né si potrà recedere dalla disposizione che per la valida elezione, anche in questi scrutini, è richiesta la maggioranza qualificata di almeno due terzi di suffragi dei cardinali presenti e votanti (ma in questo caso i due nomi che hanno voce passiva non hanno voce attiva); se invece risulterà che uno ha ottenuto almeno i due terzi, si ha l’elezione del Romano Pontefice canonicamente valida.
Avvenuta l’elezione, l’ultimo dei Cardinali Diaconi chiama nell’aula dell’elezione il Segretario del Collegio dei Cardinali, il Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie e due Cerimonieri; quindi, il Cardinale Decano, o il primo dei cardinali per ordine e anzianità, a nome di tutto il Collegio degli elettori chiede il consenso dell’eletto con le seguenti parole: Accetti la tua elezione canonica a Sommo Pontefice? E appena ricevuto il consenso, gli chiede: Come vuoi essere chiamato? Allora il Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie, con funzione di notaio e avendo per testimoni due Cerimonieri, redige un documento circa l’accettazione del nuovo pontefice e il nome da lui assunto.
Il pontefice, dopo aver indossato le vesti siede alla Cattedra, legge il testo di Matteo 16,13-19, con il quale Cristo promise a Pietro e ai suoi successori il primato del ministero apostolico, e dopo la preghiera, i cardinali, secondo l’ordine di precedenza, si accostano al neo eletto Sommo Pontefice per prestargli l’atto di ossequio e di obbedienza. A questo punto il Cardinale protodiacono si affaccia dalla loggia della Basilica di San Pietro e dà l’annuncio della nuova elezione con l‘Habemus papam.
Note:
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Come pure il trasferimento (can. 190) visto che non vi è autorità superiore a quella del pontefice; la rimozione (can. 192) è ammissibile solo nell’ipotesi che la sede si totalmente impedita; la privazione (can. 196) non è fattibile per il principio che la prima Sede non può essere giudicata da nessuno.
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Ufficialmente introdotto nel 1274, con la la costituzione apostolica Ubi Periculum di Gregorio X, per impedire strategici ritardi e casi di influenza esterna.
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Can. 332 – §2.
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Nome pontificale (fine pontificato): Ponziano (235), Silverio (537), Benedetto IX (1048), Gregorio VI (1046), Celestino V (1294), Gregorio XII (1415).
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La sua prima funzione consiste nel riconoscimento ufficiale della salma, chiama il Santo Padre con il suo nome di battesimo, e un tempo ve ne batteva dolcemente sulla fronte del defunto con un marteletto. Oggi il tutto è verificato da un medico.
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Nessun documento può esser emano prima del nuovo Papa, così, fino a poco tempo fa sia il sigillo di piombo che l’anello venivano limati.
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Costituzione UDG n. 83.
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Per acclamationem seu inspirationem: elezione senza votazione per consenso generale espresso a gran voce, applaudendo.
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Per compromissum: quando i cardinali affidano ad alcuni di loro la facoltà di eleggere.
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Un buon pontificato può essere in grado di avere il controllo pressoché totale degli elettori.