Queste elezioni europee portano uno strascico di sorprese e polemiche ridisegnando in modo netto lo scacchiere dell’Europarlamento. Le sorprese, tuttavia, non sembrano essere finite perché adesso si apre una durissima partita che ogni gruppo parlamentare di Bruxelles combatterà a suon di nomine e poltrone.
Come è noto, infatti, in questa tornata elettorale, le varie coalizioni avevano anche ufficializzato i nomi dei loro candidati alla Presidenza della Commissione Europea che verrà appunto rinnovata dopo dieci anni ininterrotti di guida da parte del portoghese Barroso. Tuttavia i risultati di domenica scorsa, che hanno registrato un calo evidente della coalizione popolare, non permettono più che il loro candidato (dato per grande favorito alla vigilia), il lussemburghese Jean-Claude Juncker, ricopra questa importante carica a mani basse.
Nella cena post-elezioni tra i capi di Stato e di Governo dei 28 Paesi dell’Eurogruppo sembrava si potesse già avere l’ufficialità della nomina di Juncker ma così non è stato; anzi, la Merkel, che guida il partito elettoralmente più forte all’interno del PPE, ha lasciato intendere che ci vorrà più tempo. Siamo di fonte ad una vera e propria fase di stallo causata dal calo elettorale dei popolari e dall’exploit dei socialisti che non permette ai primi di avere una confortante maggioranza nell’Europarlamento. Quello che la Merkel a questo punto vorrebbe evitare è uno scontro istituzionale e proprio per questo è stato dato al presidente del Consiglio Europeo, Herman Van Rompuy, un mandato esplorativo per la ricerca di una maggioranza politica; la situazione è molto delicata poiché si apre uno scenario di difficile soluzione: i popolari, infatti, hanno bisogno dei socialisti per raggiungere la maggioranza ma questi ultimi avevano candidato Martin Schultz e non molleranno facilmente la presa; dall’altra parte si profila una possibile alleanza dei popolari con i liberali (che hanno subito un forte calo) che però sostengono Guy Verhofstadt e dunque la spartizione delle varie euronomine dovrà tenere conto di questi tre schieramenti.
Già, perché in ballo non c’è solo la Presidenza della Commissione dato che anche il Presidente del Consiglio Van Rompuy è in scandenza ma nella trattiva rientrerebbero probabilmente anche le cariche riguardanti gli Affari economici, l’Antitrust, gli Esteri e anche la Presidenza dell’Eurogruppo. L’Italia, che ha già un suo esponente alla guida della Bce, dovrebbe rimanere fuori dal valzer delle cariche ma il grande risultato elettorale del suo PD, conferisce a Matteo Renzi un peso specifico non indifferente che potrebbe permettere l’accesso di un Italiano alla Presidenza dell’Eurogruppo; dall’altra parte gli altri schieramenti europei, per appoggiare la nomina di Juncker, chiedono ai popolari le altre poltrone tuttora vacanti.
A tutto questo bisogna aggiungere la possibilità dell’ingresso di eventuali outsider come Christine Lagarde, in queste ore accostata proprio alla Presidenza della Commissione al posto di Juncker.
La partita è dunque apertissima e da essa dipenderà la governabilità o meno dell’intera Europa per i prossimi cinque anni.