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Con_vivere 2014 Africa, tra il profumo di Vaniglia del Madagascar e Pepe Selvatico del Burkina Faso
Da TatianadigraziaSi è svolta a Carrara la 9à edizione del festival Con_Vivere, quest’anno dedicata all’ Africa. La manifestazione, che ha riscontrato interesse richiamando molte persone da altre città vicine ma anche lontane, è durata dal Venerdì 5 Settembre a Domenica 7interessando le diverse piazze della città, palazzi, luoghi di intrattenimento come cinema, sale espositive e gallerie d’arte. All’interno della manifestazione sono state proposte diverse realtà differenti tra loro, tutte estremamente coinvolgenti regalando ai presenti molteplici sfaccettature e approfondimenti sui temi tutt’altro che ovvi .Dalla proiezioni di pellicole tutte Made in Africa, alla mostre di pittura e scultura, ai numerosi dibattiti e convegni di approfondimento, è stato possibile scoprire pian piano un continente a tutt’oggi ignorato. Un viaggio, un’immersione completa in una tangibilità non priva di contraddizioni, ma che ha reso possibile un viaggio nella culla dell’umanità, dalla preistoria alla colonizzazione. Questa manifestazione ha stimolato la presa di coscienza del fatto che la nostra cognizione rispetto a questo continente è limitata all’arretratezza e ai conflitti endemici; dei luoghi comuni che questo evento è riuscito a sfatare portando l’attenzione su tematiche nuove e sorprendenti.Il percorso, che è partito dall’area mediterranea per scendere fino al Sud Africa, ha permesso di viaggio completo in un continente ricco di storia, tradizioni e culture millenarie. Uno degli obiettivi di questo festival è stato quello di focalizzare l’attenzione sull’autonomia del continente africano e sul suo ruolo nello scenario mondiale tenendo conto delle drammatiche disparità e vulnerabilità della società africana attuale e ai numerosi conflitti ancora aperti.Durante la conferenza di Francesco Remotti “Convivere in virtù delle differenze: il concetto di simbiosi sociale nell’ Africa precoloniale” introdotta da Corrado Benzio de “Il Tirreno”.Il Professor Remotti, docente di Etnologia dell’Africa presso l’Università di Torino, ha posto l’accento sul concetto di simbiosi intesa come reciproca dipendenza dei gruppi coinvolti e a vantaggio degli stessi. Nell’Africa precoloniale si verificava spesso che popolazioni ben distinte e diverse tra loro costruissero nel tempo dei rapporti con altre popolazioni/tribù diverse. Queste collaborazioni e successivi equilibri erano fondati sullo scambio economico, relazionale e anche a livello più intimo/personale. Una simbiosi dove non era prevista una fusione di popoli, ma solo un reciproco mutuo soccorso mantenendo inalterata l’identità e la differenza delle diverse fazioni, anzi affermandone ancor di più la specializzazione in alcuni settori. (in foto Remotti in un momento del suo intervento) Un esempio fra tutti, dice Remotti, è quello che si è verificato nella regione del Kivu tra i pigmei e i coltivatori della foresta, due popoli apparentemente completamente divisi, con caratteristiche e attitudini completamente eterogenee. Esteriormente le relazioni sono molto tese, si criticano e screditano continuamente gli uni con gli altri, in termini pratici le due tribù non si sopportano. Allo stesso tempo, però, l’una non può far a meno dell’altra. I coltivatori della foresta scambiano i prodotti dell’orto e gli attrezzi in ferro con i pigmei che in cambio offrono selvaggina e protezione alla loro “famiglia allargata”. Infatti, oltre agli scambi alimentari e commerciali in genere, spesso le donne pigmee vengono date in spose ai coltivatori della foresta e viceversa. Intervengono vicendevolmente anche nella vita privata; ad esempio quando ad una donna è carente di latte materno dopo aver partorito (che in quelle zone non è un problema di così facile risoluzione), oppure quando avvengono disgrazie o morti inspiegabili, i pigmei per esempio si occupano sempre di onorare i riti funebri dei coltivatori della foresta in modo concreto e spirituale, spesso anche cercando di individuarne la causa, il Kumba ossia il male, spesso associato all’invidia e alla gelosia altrui. Questi equilibri sono stati sconvolti e distrutti con l’arrivo della politica coloniale. Oltre al colonialismo dovuto a scopi economici, politici e finalizzato al potere, spiega Remotti, i missionari cristiani hanno smantellato le diverse credenze e tradizioni locali credendo fermamente che tutto fosse un’opera “del diavolo”. Si sono così disperse diverse usanze e rotte quelle dinamiche che tenevano saldi e in equilibrio i rapporti anche tra gli stessi abitanti della stessa regione/villaggio/foresta. Questo sfaldamento del tessuto sociale ha confuso la mente tra le popolazioni coinvolte dando luogo a nuove dinamiche non più collaborative tra gli indigeni, ma disordinate e prive assennatezza che invece caratterizzavano gli stessi rapporti tra le genti nel passato. D’altronde quando si entra a gamba tesa in luoghi sconosciuti, con dinamiche interne che non sappiamo nemmeno riconoscere è normale che tutti i fili che reggono quel contesto siano recisi con conseguenze drammatiche. Nell’epoca del post colonialismo possiamo infatti notare un grave impoverimento della popolazione locale in termini economici ma anche di conoscenze e saggezza perché, specialmente i giovani, tesi ad incarnare quel’ideale di consumismo occidentale. Alcune foto scattate durante il festival. 2014
Un’esperienza certamente ricca di tutto. Di pensieri, di poesia, di arte, di musiche, ritmi e danze, di nuovi sapori, di realtà difficili, di conflitti internazionali. Un percorso, non privo di nuove domande ma certo di nuove consapevolezze.Finalmente luce sull’intero continente tramite dei focus pertinenti e chiari che hanno messo in risalto l’estrema vitalità di una realtà per niente subalterna. Rimando al link del sito per maggiori informazioni, il mio è stato solo uno sguardo rispetto l'intera manifestazione.Alla prossima, Tatiana
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