Quindi mi ha colpito la vicenda dell'emendamento alla legge di Stabilità (banalmente, alla manovra finanziaria) proposto dalle senatrici Pd Leana Pignedoli, emiliana, e Venerina Padua, siciliana di Scicli, sull'aliquota Iva dell'origano in vendita "a rametti o sgranato". I numeri: a differenza di basilico, menta, rosmarino e salvia che godono dell'Iva agevolata al 4%, l'origano è in pratica l'unica erba aromatica (secca) su cui si applica la canonica e pesantissima aliquota del 22%. Ecco cosa dice l'Agenzia delle Entrate (risoluzione del 2006): «L’origano, da un punto di vista tecnico/merceologico appartiene alla stessa voce doganale del basilico, rosmarino e salvia ma, a differenza di questi ultimi prodotti, non è letteralmente menzionato dal legislatore fiscale al citato n. 12-bis) della Tabella A, parte II del D.P.R. n. 633 del 1972 ai fini dell’applicazione dell’aliquota IVA ridotta del 4 per cento». Mannaggia. E pensare che esiste anche un'Iva al 10%, per le miscele di spezie...Le senatrici Pignedoli e Padua, dunque, hanno proposto di abbassare l'aliquota, ma hanno "condito" il tutto con una bella gaffe: parlano di un'Iva al 6%, che in Italia non esiste (ma c'è in Svezia, Belgio, Portogallo e Lussemburgo). Prima di loro, a essere precisi, a gennaio avevano preso a cuore la questione anche i deputati siculi, di Nuovo Centrodestra, Alessandro Pagano e Nino Minardo. Erano stati sollecitati, pare, dai produttori concentrati in particolare nella provincia di Ragusa. Per fortuna che io, quando posso, l'origano vado a raccogliermelo direttamente nei campi. In greco vuol dire "splendore di montagna".
Per una volta, allora, facciamo di tutta un'erba un fascio.




