È sicuramente troppo presto per parlare della fine di un ciclo, ma la prestazione fornita ieri dalle furie rosse di Del Bosque non può non preoccupare. La Spagna crolla sotto i colpi di un Brasile giovane, tonico, velocissimo, sorretto dal suo pubblico che trasforma il Maracanã in una bolgia.
Scolari conferma l'undici che in semifinale ha sconfitto l'Uruguay, mentre Del Bosque attua una piccola rivoluzione nella formazione iniziale: out Fabregas per infortunio, fiducia dal primo minuto a Fernando Torres e Juan Mata, che insieme a Pedro costituiscono il tridente offensivo. Si mette subito male per gli spagnoli: cross al centro dalla destra di Hulk (grande partita la sua, anche in fase di ripiegamento), pasticcio difensivo tra Casillas, Arbeloa e Piqué con Fred che è il più lesto di tutti, e da terra riesce a battere l'estremo difensore spagnolo. Al secondo minuto, quindi, il Brasile è già in vantaggio. L'impatto psicologico del gol iniziale ha un effetto fortissimo sulla Seleção: è la dimostrazione che anche gli extraterrestri, i campioni di tutto, si possono battere. Con un pressing asfissiante sui portatori di palla e ripartenze fulminee guidate da Neymar (probabilmente il migliore in campo), i verdeoro riescono a crearsi almeno altre tre nitide occasioni per portarsi sul 2-0. Clamorosa quella capitata sul destro di Fred, imbeccato da un passaggio col contagiri di Neymar che lo libera davanti a Casillas: l'attaccante della Fluminense si fa però ipnotizzare dal portiere madridista e l'azione sfuma. La Spagna, guidata da Iniesta, cresce alla distanza, e al 40' ha l'opportunità di raggiungere il pari: Pedro si libera in area e col sinistro supera Julio Cesar. Sembra un gol fatto, ma proprio sulla linea interviene David Luiz che salva il risultato. Come spesso accade, gol sbagliato equivale a gol subito. Due minuti dopo infatti, azione prolungata al limite dell'area spagnola, con Oscar bravo a servire Neymar sul filo del fuorigioco. Il neoaquisto del Barça ringrazia e di sinistro spedisce in porta un siluro che Casillas non fa in tempo nemmeno a vedere: 2-0 e titoli di coda sul primo tempo. Grandissimo gol per il numero 10 classe '92, il quarto in questa Confederations Cup. Una menzione particolare va fatta però all'assist di Oscar: il suo passaggio perfetto per Neymar con la difesa spagnola completamente schierata dimostra ancora una volta che il giocatore del Chelsea è davvero un talento straordinario. Chi si aspettava una reazione della Spagna a inizio ripresa è stato subito smentito. Al secondo minuto infatti, azione corale dei tre attaccanti verdeoro: Hulk serve Neymar, che con un velo libera Fred. Destro chirurgico sul secondo palo ed è 3-0. È il quinto gol di Fred in questo torneo, rete che gli permette di raggiungere in cima alla classifica marcatori proprio Fernando Torres della Spagna. A onor di cronaca, va ricordato però che 4 dei 5 gol realizzati dal Niño sono stati messi a segno contro il materasso Tahiti. Che fosse una giornata storta per gli iberici si era capito subito, ma ne è un'ulteriore dimostrazione ciò che capita al minuto 53. Jesus Navas (subentrato a Mata nella ripresa) si libera in area e viene atterrato da un ingenuo Marcelo (forse l'unica nota stonata del Brasile in tutta questa Confederations Cup), per l'arbitro è calcio di rigore. Un po' a sorpresa, sul dischetto si presenta Sergio Ramos, che aspetta fino all'ultimo un movimento di Julio Cesar, bravo a restare in piedi fino alla fine: il tiro del centrale del Real si spegne sul fondo. È il secondo errore dal dischetto per la Spagna in questo torneo, dopo quello (molto meno grave) di Torres contro Tahiti. Le flebili speranze della Roja di riaddrizzare l'andamento del match si spengono definitivamente al 60', quando Piqué rimedia un rosso diretto per un fallo da dietro sul suo futuro compagno di club Neymar, lanciato a rete in contropiede. Finisce quindi dopo tre anni e 29 gare la striscia di risultati utili della Spagna in competizioni ufficiali. Per il Brasile, al quarto successo in questa manifestazione, è tripudio assoluto. La Seleção si candida a pieno titolo al ruolo di favorita numero uno per il Mondiale del prossimo anno, a discapito anche della scaramanzia: da quando esiste la Confederations Cup, infatti, nessuna vincitrice del torneo è mai riuscita a portare a casa anche la Coppa del Mondo dell'anno successivo.
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