Renzi è più artefatto, costruito, secchione. Bersani è più impacciato. Ha meno memoria per le cifre, è meno preciso.
Bersani dà l’idea di uno che lavora sulle cose mettendo da parte le informazioni e parla quando ha approfondito. Renzi snocciola cifre, numeri, circostanze. Sembra sapere tutto da prima. E’ preciso e ha ottima memoria per le cifre.
Renzi sembra meno solido sui temi tipici della sinistra. Meno confidente, con meno esperienza, ma anche con concetti che sembrano diversi, altri, non provenienti da quel solco. E qui nasce l’equivoco che lui lamenta, sul “mandato dalla destra”. Bersani certi argomenti li conosce meglio ma poi scivola sulle liberalizzazioni, rivendicandole in modo un po’ contraddittorio come “di sinistra”. Naturalmente il libero mercato sulla carta non lo è. Ma lo sono (lo sarebbero) le regole.
La consuetudine con problemi di tipo diverso (amministrare un territorio grande e importante come quello del comune di Firenze non è come governare un paese come l’Italia). Renzi sembra voler focalizzare solo le risorse disponibili. Ha ragione perché così alimenta l’ottimismo che è indispensabile per superare questo momento. Ha torto perché sembra non voler entrare nel merito vero dei problemi. Anzi, sì. E quando lo fa accusa. E un esponente importante del PD non può accusare il PD di certe cose, è un controsenso e un argomento per la concorrenza. Non è giusto che dica di altri che hanno fatto errori, ma di PD che ha fatto errori e che lo contiene, per quanto giovane, nuovo, alla ricerca di responsabilità più importanti. Altrimenti si crea il voi e noi che non va bene.
Bersani spiega le scelte fatte e sembra un brav’uomo. Forse è un difetto. Si pone questioni. Ha il dubbio che non si sia fatto abbastanza. La sensazione sgradevole è che ci si trovi di fronte a qualcuno mandato fuori a mò di foglia di fico, un uomo capace, fattivo, serio, concreto che però si fa fatica a immaginare davvero in sella. Sembra quello che c’è rimasto di spendibile. E che gli altri, dietro, affilino le armi per prendersi le loro rivincite.
Renzi ha girato molto e parlato tanto. Dà l’impressione di suonare uno spartito, ma non si fa mai trovare impreparato. Bersani lo tratta, qualche volta, da apprendista, lo rimbrotta, gli dice che deve approfondire. E’ un modo di rispondere alle accuse che il giovane fa a chi c’era prima. Uno rinfaccia gli errori, l’altro gli dà affettuosamente del pivello. Sembrano salotti lontani dalle questioni reali, in cui prevale la maggior disinvoltura nell’uso del mezzo. Per sciogliere i grandi nodi non sembrano adeguati nessuno dei due, ma forse lavorando insieme e regalandosi l’un l’altro qualcosa possono trovare una maggior complementarità. Renzi può regalare un po’ di visione a Bersani, che può sdebitarsi con un po’ di concretezza che non guasterebbe. Le grandi questioni, l’economia, il lavoro, le pensioni, la criminalità, la perdita di competitività globale del paese non sembrano, francamente, risolvibili da un uomo solo. L’ha detto pure, Bersani: basta con l’Italia del ghe pensi mi. E allora comunque vada si lavori insieme, e non per far riprendere fiato alla destra.