Debba il cittadino tributarci la gratitudine che ci spetta
voglia il cittadino camminare lungo il cuneo d’ombra
che proietta il tabernacolo eretto sul perineo
quando egli innalza una gamba emulando il veltro
in equilibrio non vacilla che la residua è salda
e il fiotto d’orina descrive volute barocche
irrorando selciati di ossidiana e basalto
affogandolo nel piscio i diritti suoi sapremo e diremo.
Possano le celebrazioni del matrimonio dei Glabri
cui non si trascura giammai d’invitarci
proseguire come se il cibo non fosse marcio
come se i canti non fossero cacofonie
come se le parole dei canti non diffamassero l’ospite
come se alcuno fosse scevro da stolida ebbrezza
come se gli sposi non avessero fornicato coll’officiante
come se la città non ne concupisse i figli futuri
per farne cisterne di crisalidi
nutrimento esclusivo di raffinatezza inusitata
cui prediligerebbero indugiare rari aristocratici
se i figli legittimi del Tetrarca
ne avanzassero una volta sazi.
Venga concessa adeguata onorificenza
venga appuntata al legamento fundiforme
dove la divisa si scosta a mostrarne la giusta quantità
da esibire anche spogliato e quando occorre
alla femmina che beneficerà del suo pneumatico trastullo
cosa vale e quanto merita lui che d’alabarde ne sa brandire
lui che ne ha una di legno, una di ferro e una di carne
e nessuna di queste si è mai spezzata contro la realtà.
Trovi serenità e soddisfazione nell’edificio ove si ha ristoro
si mostrano i trofei e sono sovente crani svuotati
graziose fioriere da disporre sui balconi a mandibola
innaffiate dal ciclico spurgo di furore
che sappiamo innescare sopra e oltre l’umano
noi agenti di tutto ciò che è empio
noi agenti di tutto ciò che è bestia
noi agenti che attendiamo la legittimazione a ferire
presso il Contenimento degli animali critici.