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Gentile Angela Zurzolo,ciò che le ho rimproverato nella mia precedente risposta non è la disonestà intellettuale ma il dogmatsmo, e la sua replica non fa che confermare la mia critica. Lei celebra la sua «onestà intellettuale», accusando indirettamente l’interlocutore di disonestà; lei si dichiara ispirata solo dall’amore dell’«ideale» e della verità e si contrappone all’interlocutore, secondo lei mosso da «un’ideologia che si accanisce su se stessa, ricercando in se stessa le proprie conferme a discapito della verità». Ecco, il dogmatismo è proprio questo: è l’atteggiamento di chi attribuisce a se stesso eccellenti intenzioni, negandole invece all’interlocutore o all’avversario. Il dogmatismo è sul piano scientifico quello che il fariseismo è sul piano morale. Si può essere dogmatici (e farisaici) anche a 24 anni: non sempre ci si rende conto che la realtà storico politica è così complessa da poter suscitare risposte radicalmente contrastanti, nonostante che a ispirarle sia il comune amore dell’«ideale» e della verità". E’ più facile allor cadere nel manicheismo. Lei non ha dubbi su chi sia il «mostro» (che ovviamente risiede a Pechino) e su chi siano le «vittime» e i difensori delle vittime. Ma facciamo un confronto tra Hu Jintato e Bush jr. (che hanno esercitato il potere per un periodo di tempo pressocché eguale). Il primo ha contribuito a portare avanti una politica che, per riconoscimento unanime, ha strappato centinaia di milioni di cinesi dalla fame e dalla morte per inedia, garantendo loro un diritto alla vita di cui essi non godevano più a partire dalla metà dell’Ottocento, a partire cioè dalle guerre dell’oppio scatenate dall’Occidente. Per quanto riguarda il secondo, mi concentro su uno o due punti, lasciando pure da parte l’orrore di Guantanamo e altri particolari non propriamente edificanti: agitando due menzogne clamorose (il possesso di armi di distruzione di massa da parte di Saddam e la sua partecipazione agli attentati dell’11 settembre), nel 2003 Bush jr. ha scatenato la guerra contro l’Irak, e l’ha scatenata senza ottenere l’approvazione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e quindi calpestando le regole della democrazia nei rapporti internazionali. I risultati sono stati e sono devastanti: decine di migliaia di morti; milioni di profughi; immiserimento generale a causa dei bombardamenti e della distruzione delle infrastrutture; un numero imprecisato di «vittime» torturate a Abu Ghraib e successivamente in prigioni gestite dagli irakeni ma controllate dagli Usa. E per quanto tempo ancora a Falluja i bambini continueranno a nascere col corpo deformato in conseguenza del ricorso statunitense ad armi vietate dalle convenzion internazionali? E non è tutto. La distruzione di ricchezza sociale provocata dalla politica di guerra di Bush jr. si fa sentire oggi anche sulla popolazione americana, che vede drasticamente peggiorare le sue considizioni materiali di vita, proprio mentre esse migliorano sensibilmente nel paese governato da «mostri».Ma concentriamo pure l’attenzione esclusivamente sulla libertà di espressione. Anche in Occidente si può essere condannati per reati di opinione, come dimostra la sorte inflitta ai «negazionisti» (che però non suscitano la sua compassione, nonostante che lei dichiari di essere «sempre e comunque» dalla parte delle «vittime»). Tuttavia, non ho difficoltà a riconoscere che nel complesso in Cina la libertà d’espressione è meno garantita che nel territorio metropolitano degli Usa. (Dico «territorio metropolitano» a ragion veduta: nel 1999 Clinton non ha avuto esitazioni a bombardare la sede della televisione jugoslava e dunque ad assassinare i giornalisti che vi lavoravano).Sennonché, proprio i classici del liberalismo ci hanno insegnato una verità essenziale: la sicurezza è la condizione essenziale perché possano fiorire la libertà di espressione e di associazione e il governo della legge. Negli anni ’50 Washington ha più volte minacciato il ricorso alla guerra nucleare contro la Repubblica Popolare di Cina; ancora oggi cerca di intimidirla con provocatorie manovre delle sue portaerei e delle sue navi da guerra e con una politica di accerchiamento militare.Tutto ciò può produrre solo il contrario di quello che i dirigenti statunitensi dicono di voler perseguire. Piuttosto che mettere in dubbio l’onestà intellettuale di chi non la pensa come lei, la mia interlocutrice farebbe bene a chiedersi se col suo comportamento concreto non finisca col contribuire anche lei a rendere più difficile la realizzazione degli ideali che le stanno tanto a cuore.Domenico Losurdo
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