Lo scorso numero del settimanale “ff” aveva un titolo e una copertina preoccupanti. “Arrivederci Autonomie?”, si leggeva sullo sfondo di un’aquila avvolta da fiamme tricolori. Non occorre sforzarsi per comprenderne il senso. L’“Autonomie” (scritto in tedesco) è in pericolo. E il pericolo, camuffato da un saluto apparentemente innocuo (“Arrivederci”), è portato ancora una volta dall’Italia, Paese sempre sull’orlo della bancarotta e perciò insensibile alle istanze di autogoverno delle sue propaggini territoriali più prospere, come la nostra. Modello interpretativo classico, insomma, secondo lo schema collaudato: chissà quanto staremmo meglio se non ci toccasse avere ai piedi una tale zavorra!
Un’argomentazione ipotetica non può essere confutata da un’ipotesi di segno opposto. Che la salvezza del Sudtirolo consista nella sua completa emancipazione dallo Stato italiano è perlomeno plausibile quanto il suo contrario, ossia che un processo del genere finisca per liberare le tensioni a lungo compresse dal regime autonomistico e delle quali tutti vorremmo certamente fare a meno. In ogni caso deve essere chiaro che soltanto praticando la via della cooperazione tra soggetti diversi – in primo luogo tra Stato e Provincia, ma anche, in chiave locale, tra i diversi gruppi linguistici – è possibile trovare una soluzione ai nostri presenti e futuri problemi. Rimane allora da chiedere quanto sia attualmente sviluppata una simile cooperazione e, soprattutto, impegnarsi a cercare il modo di incrementarla.
Il governo di Arno Kompatscher era proprio nato sotto un auspicio sulla carta molto attraente: consolidare e ampliare l’edificio dell’Autonomia mediante l’allestimento di un cantiere non più diretto dal solo partito “etnico” in un quadro di trattative esclusive con Roma. L’idea di un “Konvent zum Ausbau der Autonomie” – poi ribattezzato “Südtirol-Konvent” e in italiano tradotto con il termine di non immediata comprensione “Convenzione” (ma non era meglio chiamarla semplicemente “Commissione”?) – sembrava la via maestra da seguire. Si tratta però di un’idea che sta impallidendo a fronte di priorità, inerenti le questioni finanziarie e di adattamento alla riforma costituzionale promossa da Renzi. Il che riporta in auge il vecchio schema, quello per l’appunto messo a fuoco (è il caso di dirlo) dal titolo e dalla copertina del settimanale “ff”. Il rischio di veder presto bruciare le aspettative attribuite alla “Convenzione”, o “Commissione”, è stato smentito a più riprese dallo stesso Kompatscher. Purtroppo però anche le smentite fanno presto a finire in cenere. Facciamo in modo che ciò non accada.
Corriere dell’Alto Adige, 4 settembre 2014