Domande su: corpi delle donne, medicalizzazione preventiva e medicalizzazione negata
Jace Wallace
La notizia della mastectomia preventiva a cui si è sottoposta l’attrice Angelina Jolie ha suscitato molte riflessioni, commenti e critiche. Ne abbiamo parlato anche qui, soprattutto in relazione alle modalità (oggettificanti per l’attrice) in cui la notizia è stata trattata. Tuttavia, questa notizia ci fornisce ulteriori spunti per una riflessione più ampia sulla concezione e la percezione del corpo e dei corpi nella società in cui viviamo.
La notizia dell’operazione della Jolie è stata considerata come positiva in relazione alla prevenzione del cancro al seno. Tuttavia, sarebbe necessario ragionare sulle modalità, sui limiti e sui metodi della prevenzione. Non solo del cancro al seno, ma del cancro in generale. Al di là della consapevolezza che il cancro rappresenta la più grande paura della donna e dell’uomo contemporanei, cosa sappiamo veramente di questa malattia? Cosa sappiamo dei metodi di cura e della loro validità? Cosa sappiamo del reale progresso medico, delle modalità in cui esso si struttura anche in relazione all’economia e alla società? Cosa sappiamo rispetto alla diagnosi precoce che conduce spesso al sovratrattamento, ovvero al trattamento non necessario di pazienti, con somministrazioni di farmaci e cure dagli enormi effetti collaterali tra i quali lo sviluppo di altre patologie cancerogene? Non molto. A questo proposito, l’interessante articolo di Peggy Orestein tradotto dal blog Le Amazzoni Furiose (prima parte e seconda parte).
“La paura del cancro e` legittima: il modo in cui gestiamo quella paura, mi sono resa conto – come rispondiamo ad essa, che emozioni proviamo – puo` essere manipolato, impacchettato, commercializzato e venduto, talvolta proprio da chi sostiene di stare dalla nostra parte.”
Oltre a ciò, bisognorebbe ampliare ulteriormente il nostro ragionamento al ruolo della medicina in generale. Sarebbe necessario accorgersi di quanto la nostra vita sia iper medicalizzata, così come bisognerebbe ragionare sui metodi di studio, di scoperta, di correlazione impiegati dalla medicina, anche in relazione ai paradigmi antropologici che fanno da base per la teoria e la pratica medica.
È quasi ironico: siamo abituate a mettere in discussione ogni aspetto della vita e
Jason Freeny, “Barbie Anatomy”
dei saperi, allo scopo di svelare i meccanismi le strutture nascoste a cui soggiacciono sessismo, razzismo e/o ingiustizia sociale, ma prendiamo il sapere medico come incontrovertibile e incontestabile. Assolutamente scientifico e, quindi, assolutamente veritiero. Mi auguro sia ovvio che questo non è un invito al rifiuto delle cure mediche, ma rappresenta un invito (che pongo in primis a me stessa) a riflettere su questo fatto. Forse per paura e forse perchè l’ambito della medicina è quello del corpo e del suo “misterioso” funzionamento, non mettiamo mai in discussione (o in dubbio) il valore della medicina così come è pensata e agita oggi. Il modello (cartesiano) di netta separazione tra mente e corpo è la base concettuale su cui si sviluppa l’intero pensiero medico occidentale.
In un’ottica di separazione così radicale tra mente e corpo, una decisione come quella della Jolie è sacrosanta e oggetto di plauso. Il corpo è modificabile, smembrabile, perchè il corpo non coincide con l’io, con il mio me stesso, che coincide invece con la mente, il corpo è solo quel mezzo che ci porta in giro (anche se in realtà è ciò che ci da “sostanza”).
Infine altre due domande di ordine sociale ed economico, direi “di classe” se non fosse un’espressione considerata ormai estremamente datata. Angelina Jolie ha deciso di sottoporsi all’operazione in primo luogo perchè se lo poteva permettere. Quante donne si potrebbero permettere di pagare un intervento di questo genere a scopo preventivo? E pensando all’Italia, quali strutture non private accetterebbero di sottoporre una paziente ad un intervento così invasivo e costoso per prevenire l’insorgenza di una malattia?
Inoltre, chi più di un’attrice come la Jolie, universalmente considerata simbolo della bellezza e del fascino femminili, è esempio dello squilibrio di genere relativo al fatto che le donne siano ancora identificate prima di tutto con la corporeità? Lei però non è solo corpo, talvolta, in situazioni come questa, in cui entrano prepotentemente in gioco la paura, la malattia, la morte e le emozioni, la sua persona pubblica ne viene profondamente umanizzata. Altrettando non si può dire però per altre donne, che sono e rimangono solo corpo. Penso per esempio a Beatriz, 22 anni, incinta di venti settimane, affetta da lupus e grave insufficienza renale, che vive in un paese in cui non può abortire. La gravidanza la ucciderà. Lei è solo corpo, e in particolare corpo di donna, dunque sacrificabile in nome della vita (altrui). Un corpo a cui, a causa di principi religiosi e patriarcali, viene negata la medicalizzazione e la cura.
Qui per firmare la petizione rivolta al Presidente e alla Corte Suprema di El Salvador per permettere a Beatriz di abortire.