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E allora mi son chiesto "cosa ci resta?"; cosa resta a noi cittadini di quella democrazia per la quale combatterono i partigiani, di quella Costituzione garante dei diritti e delle libertà di noi tutti? Cosa è rimasto alle centinaia di migliaia di persone che ieri ho visto sfilare sotto i miei occhi e che di fatto sono state private della loro libertà di esprimere un punto di vista legittimo, un'idea, un'alternativa? Cosa è rimasto a quei lavoratori che si ritrovano il loro posto di lavoro distrutto? E a quelle famiglie che hanno perso le loro auto...Cosa è rimasto a noi abitanti dell'Esquilino e in generale a tutti gli italiani che, in queste occasioni, vivono di fatto una limitazione alla libertà personale, vivendo con timore anche l'uscita dal portone di casa propria ( sensazione che ieri ho provato fino a notte fonda)?.
Ho letto qualche commento su facebook di persone che, giustamente irritate dal teppismo, inveiva contro "le manifestazioni", credendo che, vietando i cortei, si possa risolvere il problema delle bande criminali.
A mio avviso non è questa la soluzione, anzi: credo che il monito che viene da un'esperienza del genere sia proprio opposto.
E' tempo di ricostruire, è tempo che i cittadini italiani non lascino più le tematiche del vivere civile, dei problemi economici e sociali in mano al solo "spontaneismo" o semplicemente "agli altri". Non possiamo credere nei super eroi che ci salveranno, nelle ideologie che ci porteranno il paradiso, nelle "rivoluzioni" che stravolgeranno l'assetto attuale. E' evidente, specie dopo ieri, che non basta: non basta l'indignazione in sè, non basta la manifestazione in sè, non basta e non serve definirsi "indipendenti", non serve ancor di più il menefreghismo.
Indipendenti da cosa? Dal "sistema"? Dai Partiti?
I partiti. Dopo ieri con più convinzione penso che l'impegfno di tutti noi, di tutti coloro che vogliono contribuire al cambiamento, debba avvenire proprio li, in quelle sedi - per giunta legittimate dalla Costituzione - che molti oggi disprezzano, dall'esterno, e che però non sostituiscono con alternative migliori; è in quella sede che i cittadini devono portare il cambiamento, oltre che sbandierandolo nelle piazze.
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