È soprattutto nei momenti di grave crisi – non solo socio-economica ma etica e culturale – che l’arte può consolarci e insieme illuminarci. È certamente il caso di uno dei dipinti più belli e famosi di Leonardo da Vinci: il San Giovanni Battista. Chi non conosce quest’opera meravigliosa, probabilmente l’ultima realizzazione pittorica e il culmine della raffinata tecnica a “sfumato” di Leonardo? Di questo dipinto a olio su tavola diede testimonianza monsignor Antonio de’ Beatis nel 1517, che in occasione del suo viaggio in Europa al seguito del cardinale Luigi d’Aragona, lo vide nello studio del sommo maestro a Clos de Luce, nei pressi di Amboise, due anni prima che Leonardo rendesse la sua anima luminosa al Sommo Fattore (è così che il maestro chiamava l’artefice del creato). Leonardo aveva dipinto San Giovanni Battista a Roma e se l’era portato in Francia insieme ad altri dipinti da cui non volle separarsi (fra cui la Gioconda). Amava il ritratto del giovane asceta precursore di Gesù che oggi è conservato al Louvre e ne aveva ben donde. Il San Giovanni Battista raffigurato ha uno sguardo magnetico, sensuale e misterioso, non inferiore a quello di Monna Lisa, e questo particolare già suggerisce una lettura esoterica oltre che artistica del soggetto. Tant’è che nel tempo ha dato adito a molteplici interpretazioni. Il grande scrittore Carlo Emilio Gadda definì il giovane e ambiguo soggetto un “Bacco angelizzato privo di polarità sessuale”. Ma non è questo, né tanto più il fondale scuro e privo di connotazioni spazio-temporali, il dettaglio che cattura l’occhio e lo avvince. La peculiarità del dipinto è il dito indice della mano destra puntato verso l’alto in un gesto carico di spiritualità e non solo. Picasso sottolineò che Leonardo “promette il Paradiso: guardate quel dito levato”. Ma è fin troppo facile affermare che il gesto del Battista sia inequivocabilmente un invito a cercare il divino, a seguire un cammino di ascesa, verso la trascendenza. L’artista ha voluto anche invitare l’osservatore a meditare sulla venuta di Cristo. Altre letture di natura allegorica sono però possibili. Evito quelle troppo ardite o inverosimili, non è mia intenzione ricamare con la fantasia né dare credito a chiose in stile new age. Voglio invece sottolineare la particolare sensazione che il San Giovanni Battista suscita in me e che voglio condividere, ritenendola utile e forse preziosa. Nel fissare lo sguardo sul dito puntato verso il cielo, non posso fare a meno di cogliere un suggerimento che centra il cuore e la mente a un tempo come una freccia lanciata con precisione, e ciò a prescindere dal fatto che Leonardo ne avesse l’intenzione. Il messaggio è mirato, diretto. Si può tradurre con parole semplici: punta sempre verso l’alto. In questa indicazione c’è l’essenziale per vivere una vita compiuta, degna d’essere vissuta. E c’è la chiave per cambiare l’inerzia della vita, per invertire le tendenze negative, risalire in superficie quando si è sprofondati o semplicemente fare un balzo in avanti quando si è fermi. La bellezza trasversale del dito che San Giovanni Battista distende verso l’alto sta nella sua forza evocativa prima ancora che espressiva. Consiste nella sua vigoria didattica, nel suo potere stimolante. L’asceta ci suggerisce che la vera prerogativa dell’essere umano rispetto ad ogni altra creatura è l’aspirazione a mete superiori. La vita è esattamente come il viaggio, del quale non è tanto importante raggiungere la meta ma percorrere il cammino. Il viaggio è la parte più bella, non l’arrivo. E così è la vita. Non conta raggiungere mete ambiziose, conta provarci. Ha importanza il cammino, lo sforzo, la fatica fatta per arrivare in alto. Quand’ero giovane, agli inizi della mia carriera di pubblicitario, entrai in contatto con quella che allora era una delle più grandi agenzie pubblicitarie del mondo. Il suo fondatore, Leo Burnett, aveva un motto personale che aveva presentato all’azienda. Ricordo che diceva: “When you reach for the stars, you may not geto ne, but you won’t get a handful of mud either”. Vuol dire: “Se cerchi di raggiungere le stelle è possibile che tu non riesca a farlo, ma almeno non ti ritroverai con le mani piene di fango”. Ancora oggi mi sembrano parole bellissime, ispirate. Forse Leo Burnett conosceva il San Giovanni Battista di Leonardo da Vinci. Credo che volgere lo sguardo alle stelle, come suggerisce il dito del Battista, sia un eccellente rimedio contro lo stress della vita quotidiana. Più del Cynar o di un farmaco antidepressivo. Penso infatti che ogni uomo o donna atti a considerare che non siamo venuti al mondo per soffrire, lavorare come somari, faticare e riscuotere delusioni, ma, al contrario, siamo qui per realizzarci, per evolverci, dovrebbe tenere davanti a se una riproduzione del San Giovanni Battista di Leonardo. A che pro? Il dipinto è un invito a sollevare la testa, a camminare a fronte alta, a osare e puntare in alto. E naturalmente, poiché la sua prima accezione resta un incitamento a riscoprire il divino (che non è solo sopra di noi ma anche dentro di noi), ci sollecita a credere che possiamo farcela. Possiamo e dobbiamo rialzare la testa, soprattutto nei momenti di sconforto e paura, stanchezza e incertezza, e porci obiettivi nuovi, importanti. Le crisi sono opportunità splendide. Quando si ha la pancia piena e tutto va bene è difficile guardare le stelle. È più facile farlo quando cerchiamo risposte e indicazioni, quando siamo smarriti. Come i marinai di una volta. Ma in fondo, non siamo tutti naviganti dispersi? Rari nantes in gurgite vasto, direbbero i latini.C’è un’ultima riflessione che voglio condividere. Il San Giovanni Battista di Leonardo è anche un inno iconografico alla speranza. Il dito levato verso l’alto è un’istigazione a non perdere mai la speranza in un futuro migliore oltre che nella risoluzione dei propri problemi. Platone sosteneva che le speranze sono sogni di uomini che vegliano. Beh, confesso che ogni volta che ammiro il dipinto di Leonardo mi compiaccio di essere sveglio e di saper sognare ad occhi sgranati. Guai se non fosse così. Dobbiamo vegliare affinché il domani sia il più possibile simile a come vorremmo che fosse. Al pari di un’indicazione stradale, da quasi cinquecento anni, un mirabile dito puntato verso il cielo ci indica la via che Leonardo ha percorso e quindi conosceva.
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È soprattutto nei momenti di grave crisi – non solo socio-economica ma etica e culturale – che l’arte può consolarci e insieme illuminarci. È certamente il caso di uno dei dipinti più belli e famosi di Leonardo da Vinci: il San Giovanni Battista. Chi non conosce quest’opera meravigliosa, probabilmente l’ultima realizzazione pittorica e il culmine della raffinata tecnica a “sfumato” di Leonardo? Di questo dipinto a olio su tavola diede testimonianza monsignor Antonio de’ Beatis nel 1517, che in occasione del suo viaggio in Europa al seguito del cardinale Luigi d’Aragona, lo vide nello studio del sommo maestro a Clos de Luce, nei pressi di Amboise, due anni prima che Leonardo rendesse la sua anima luminosa al Sommo Fattore (è così che il maestro chiamava l’artefice del creato). Leonardo aveva dipinto San Giovanni Battista a Roma e se l’era portato in Francia insieme ad altri dipinti da cui non volle separarsi (fra cui la Gioconda). Amava il ritratto del giovane asceta precursore di Gesù che oggi è conservato al Louvre e ne aveva ben donde. Il San Giovanni Battista raffigurato ha uno sguardo magnetico, sensuale e misterioso, non inferiore a quello di Monna Lisa, e questo particolare già suggerisce una lettura esoterica oltre che artistica del soggetto. Tant’è che nel tempo ha dato adito a molteplici interpretazioni. Il grande scrittore Carlo Emilio Gadda definì il giovane e ambiguo soggetto un “Bacco angelizzato privo di polarità sessuale”. Ma non è questo, né tanto più il fondale scuro e privo di connotazioni spazio-temporali, il dettaglio che cattura l’occhio e lo avvince. La peculiarità del dipinto è il dito indice della mano destra puntato verso l’alto in un gesto carico di spiritualità e non solo. Picasso sottolineò che Leonardo “promette il Paradiso: guardate quel dito levato”. Ma è fin troppo facile affermare che il gesto del Battista sia inequivocabilmente un invito a cercare il divino, a seguire un cammino di ascesa, verso la trascendenza. L’artista ha voluto anche invitare l’osservatore a meditare sulla venuta di Cristo. Altre letture di natura allegorica sono però possibili. Evito quelle troppo ardite o inverosimili, non è mia intenzione ricamare con la fantasia né dare credito a chiose in stile new age. Voglio invece sottolineare la particolare sensazione che il San Giovanni Battista suscita in me e che voglio condividere, ritenendola utile e forse preziosa. Nel fissare lo sguardo sul dito puntato verso il cielo, non posso fare a meno di cogliere un suggerimento che centra il cuore e la mente a un tempo come una freccia lanciata con precisione, e ciò a prescindere dal fatto che Leonardo ne avesse l’intenzione. Il messaggio è mirato, diretto. Si può tradurre con parole semplici: punta sempre verso l’alto. In questa indicazione c’è l’essenziale per vivere una vita compiuta, degna d’essere vissuta. E c’è la chiave per cambiare l’inerzia della vita, per invertire le tendenze negative, risalire in superficie quando si è sprofondati o semplicemente fare un balzo in avanti quando si è fermi. La bellezza trasversale del dito che San Giovanni Battista distende verso l’alto sta nella sua forza evocativa prima ancora che espressiva. Consiste nella sua vigoria didattica, nel suo potere stimolante. L’asceta ci suggerisce che la vera prerogativa dell’essere umano rispetto ad ogni altra creatura è l’aspirazione a mete superiori. La vita è esattamente come il viaggio, del quale non è tanto importante raggiungere la meta ma percorrere il cammino. Il viaggio è la parte più bella, non l’arrivo. E così è la vita. Non conta raggiungere mete ambiziose, conta provarci. Ha importanza il cammino, lo sforzo, la fatica fatta per arrivare in alto. Quand’ero giovane, agli inizi della mia carriera di pubblicitario, entrai in contatto con quella che allora era una delle più grandi agenzie pubblicitarie del mondo. Il suo fondatore, Leo Burnett, aveva un motto personale che aveva presentato all’azienda. Ricordo che diceva: “When you reach for the stars, you may not geto ne, but you won’t get a handful of mud either”. Vuol dire: “Se cerchi di raggiungere le stelle è possibile che tu non riesca a farlo, ma almeno non ti ritroverai con le mani piene di fango”. Ancora oggi mi sembrano parole bellissime, ispirate. Forse Leo Burnett conosceva il San Giovanni Battista di Leonardo da Vinci. Credo che volgere lo sguardo alle stelle, come suggerisce il dito del Battista, sia un eccellente rimedio contro lo stress della vita quotidiana. Più del Cynar o di un farmaco antidepressivo. Penso infatti che ogni uomo o donna atti a considerare che non siamo venuti al mondo per soffrire, lavorare come somari, faticare e riscuotere delusioni, ma, al contrario, siamo qui per realizzarci, per evolverci, dovrebbe tenere davanti a se una riproduzione del San Giovanni Battista di Leonardo. A che pro? Il dipinto è un invito a sollevare la testa, a camminare a fronte alta, a osare e puntare in alto. E naturalmente, poiché la sua prima accezione resta un incitamento a riscoprire il divino (che non è solo sopra di noi ma anche dentro di noi), ci sollecita a credere che possiamo farcela. Possiamo e dobbiamo rialzare la testa, soprattutto nei momenti di sconforto e paura, stanchezza e incertezza, e porci obiettivi nuovi, importanti. Le crisi sono opportunità splendide. Quando si ha la pancia piena e tutto va bene è difficile guardare le stelle. È più facile farlo quando cerchiamo risposte e indicazioni, quando siamo smarriti. Come i marinai di una volta. Ma in fondo, non siamo tutti naviganti dispersi? Rari nantes in gurgite vasto, direbbero i latini.C’è un’ultima riflessione che voglio condividere. Il San Giovanni Battista di Leonardo è anche un inno iconografico alla speranza. Il dito levato verso l’alto è un’istigazione a non perdere mai la speranza in un futuro migliore oltre che nella risoluzione dei propri problemi. Platone sosteneva che le speranze sono sogni di uomini che vegliano. Beh, confesso che ogni volta che ammiro il dipinto di Leonardo mi compiaccio di essere sveglio e di saper sognare ad occhi sgranati. Guai se non fosse così. Dobbiamo vegliare affinché il domani sia il più possibile simile a come vorremmo che fosse. Al pari di un’indicazione stradale, da quasi cinquecento anni, un mirabile dito puntato verso il cielo ci indica la via che Leonardo ha percorso e quindi conosceva.
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