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A parte questi pacchettini postali, ognuno dei quali pieni di 50mila euro, l'inizio di questo film ritrae molto macchiettisticamente la famiglia di Giuseppe Cocuzza, sposato, con una figlia adolescente, pure una sorella vicina di casa molto ficcanaso la quale ha un figlio che nutre ad aglio e cipolla. I pacchettini sono una turbativa importante: chi li manda? a che titolo? L'impiegato statale Cocuzza per prudenza quei soldi non li spende.
Quest'andazzo da commedia napoletana prosegue ancora più marcatamente con l'irruzione dello stesso Salemme (caricaturizzando personaggi in travestimenti vari) nella vita dei Cocuzza i quali a causa dei pacchetti sono sempre più in fibrillazione. Al nono pacchetto si paleserà il mittente alla famiglia e finalmente, dopo 50 e passa minuti ad encefalogramma piatto, scatta qualche sinapsi! Si tratta di tale Felice C. che conobbe il Cocuzza 13 anni prima, in occasione di una sua bizzarra richiesta di pensione d'invalidità. Felice C. era fisicamente sano come un pesce ma lamentava "invalidità morale" a causa della caduta mondiale del comunismo, chiedendone conto quindi all'INPS nella persona del suo rappresentante, Cocuzza appunto, il quale però rifiutò ovviamente di concedere alcunché. Felice informa quindi che, in tutti questi anni dopo "il rifiuto", per motivi che lascio scoprire si è dedicato ad ogni sorta di attività delinquenziale, robe veramente brutte, che però gli han fatto guadagnare tantissimi soldi i quali in qualche modo sono il simbolo di questa vita immorale, colpa che vuole condividere con Cocuzza e per questo gira a lui parte dei proventi.
Il pezzo forte, ed interessante in termini assoluti, è il flashback a casa di Felice. Passati i primi convenevoli ed esposta la richiesta, Felice (cioé Vincenzo Salemme) si esibirà in un lungo monologo in cui spiegherà, con pochi e corretti punti, come gli ideali del comunismo per i quali lui ha vissuto siano crollati nei fatti pur lasciando lui convinto di non poter vivere altrimenti e quindi rendendolo una sorta di disadattato. Pur nella sua teatralità il discorso non fa una grinza e devo dire che dà di che pensare, a comunisti e non sia ben chiaro, anzi forse ai secondi anche di più!, a quelli che almeno non hanno rinunciato a pensare perché se per il perdente è inevitabile riflettere le ragioni della sconfitta il "vincente" difficilmente fa altrettanto e facilmente si cerebroatrofizza.
Altro punto di forza il finale, meno ovvio e scontato di quanto si possa credere. Accetterà la famiglia Cocuzza quei soldi, provenienti da roba come il traffico di ragazzine per la prostituzione, tanto per citarne uno dei reati millantati da Felice? E qua mi fermo, lascio scoprire, ma intanto ognuno può porsi la domanda. Attenzione alla riflessione "...tanto ormai quei soldi sono lì, che li prendiamo noi o qualcun'altro che cambia? quel che è fatto è fatto...", è dietro l'angolo della coscienza che ci spia, e ci insidia.
Carino e con contenuti che non ti aspetti.
Una visione la merita tutta, e il monologo del comunista disadattato anche più di una.
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