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"Cosmopolis" di D. De Lillo

Creato il 30 maggio 2012 da Bens
Inizialmente ho creduto che Cosmopolis fosse una moderna Iliade omerica, contestualizzato al tempo e al luogo, che Eric fosse una versione socialmente affine al coraggioso e glorioso Achille e che la limo bianca non fosse altro che lo sviluppo meccanico del cavallo di Troia. Adesso, invece, penso che Cosmopolis sia solo la macchietta confusa del Satyricon di Petronio, che l'insoddisfatto Eric assomigli allo sfortunato Enclopio e che quella limo bianca, che racchiude nella stazza e nel colore tutta l'arroganza del nostro secolo, altro non sia che l'elucubrazione fordiana del culto di Priapo.
E io non mi capacito di come De Lillo, autore del LIBRO più vero e disincantato dei miei anni di lettrice (vedi alla voce Underworld), si sia reso così schiavo di un'originalità tossica e confusa che non lascia la libertà di capire. 
Onestamente non sono una sostenitrice della democraticità della lettura (comincio a non esserlo più della democrazia in generale, ma questa è un'altra storia), nel senso che non tutto può essere popolare e alla mercè della massa, che chi legge Faletti merita un girone infernale ad hoc e che non c'è nulla di male o abominevole nelle cose un po' segrete e di nicchia. Ma se l'elitarismo gioca al narciso e si piega e si ripiega su se stesso, diventa un problema. Non mio, ma di chi fa passare per opera fondamentale un libro parodistico e parossistico come Cosmopolis, solo perché De Lillo è uno scrittore strafigo e post-moderno e di libri belli ne ha scritti. Sapete a cosa pensavo mentre terminavo Cosmopolis? Avevo marchiata nella mente l'immagine di D'Annunzio che si toglie due costole per farsi i pompini da solo. Cosmopolis è l'autofellatio di De Lillo.

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