DOVEVA ESSERE UN GIORNO STORICO, le prime elezioni democratiche che avrebbero messo fine ad anni di tensione fra il Nord musulmano e il Sud cristiano, costate la bellezza di 8 milioni di euro alla comunità internazionale, con 9000 caschi blu e 400 osservatori internazionali a controllare che tutto si svolgesse nel rispetto delle regole. Invece la Costa d’Avorio si ritrova con 2 presidenti: quello di prima, Laurent Gdagbo, e il suo avversario Alassane Ouattara
COME SONO ANDATE LE COSE? Chiuse le urne, la Commissione Elettorale aveva 3 giorni di tempo per proclamare il vincitore. Ma il terzo giorno, mentre il portavoce della commissione si accingeva a proclamare la vittoria di Ouattara con il 54 per cento dei voti, un energumeno chiaramente inviato dal presidente in carica gli ha strappato il foglio con il discorso sbraitando “tu non proclami un bel niente.” Siccome i militari di guardia erano agli ordini del presidente in carica, si sono guardati bene dall’intervenire. Il quarto giorno il presidente del Consiglio Costituzionale ha fatto un discorso di 4 ore per spiegarci che, siccome la Commissione Elettorale aveva tardato ad annunciare il vincitore, Laurent Gdagbo rimaneva al potere. Cosa che si poteva dire in 2 minuti, ma sarebbe parsa troppo elementare.
L’ONU, la Comunità degli Stati Africani, gli USA e Sarkozy (che è amico personale del liberale Ouattara) hanno pregato Gdagbo di farsi da parte, ma lui non soltanto gli ha fatto il gesto dell’ombrello ma ha minacciato di espellere il rappresentante dell’ONU. Così, mentre i partigiani dei due campi si ammazzano per le strade, Laurent Gdagbo ha prestato giuramento con una sontuosa cerimonia piena di bandiere, medaglie, abbracci, baci e champagne mentre anche Ouattara ha giurava in forma più intima in un’altra città. Nel 2001 il buon Alassane aveva già cercato di contendere il potere a Gdagbo, ma se n’era dovuto andare in un esilio piuttosto dorato a Mougins, a 2 passi da Nizza, dov‘era diventato cliente abituale del famoso “Moulin de Mougins”, uno dei migliori ristoranti di Francia, e nel tempo libero aveva perfino fatto sposare la figlia adottiva Nathalie con un facoltoso industriale, Jean-Marc Bennani. Adesso, contando sul sostegno della comunità internazionale, sembra deciso a non lasciarsi cacciare un’altra volta.
MA PER RESTARE dovrà sconfiggere il presidente sconfitto. Nonostante i lodevoli sforzi per darsi un’apparenza democratica, sembra che da quelle parti alla fine vinca sempre chi picchia più forte. A questo punto converrebbe picchiarsi subito, almeno si risparmierebbero i soldi delle elezioni.
Dragor
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